Cerimonia alla Rocca dei Rettori per i 150 anni della Provincia

E’ stato questo il momento culminante della Celebrazione della liberazione di Benevento dal potere temporale, evento che consentì di reclamare presso Giuseppe Garibaldi la promessa di istituire la Provincia di Benevento (il Decreto è datato 25 ottobre 1860), che si è svolta alla Rocca dei Rettori, sede di rappresentanza dell’ente, nell’ambito delle celebrazioni del 150° anniversario dell’istituzione.    
La serata, che doveva svolgersi nella Corte della Rocca, è stata spostata a causa della forte pioggia del pomeriggio nella Sala Consiliare: erano presenti le Autorità locali ed un folto pubblico che non è stato possibile contenere nell’Aula.
Al tavolo della presidenza: il presidente Cimitile, il presidente del Conisglio provinciale Giuseppe Maria Maturo, il Sottosegretario di Stato al welfare sen. Pasquale Viespoli e il sen. prof. Fulvio Tessitore.
Ha preso per primo la parola il presidente Cimitile.
“Le iniziative per il 150° anniversario della Provincia di Benevento e quelle per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia del 2011 non sono inutili – ha esordito il presidente:  chi afferma questo – ha continuato – fa solo oscurantismo o esprime fastidio per i valori o addirittura li vuole cancellare: qualche volta c’è la cattiva politica o l’antipolitica, quella che antepone interessi di becera propaganda  a valori generali”. Cimitile ha quindi così continuato: “Io credo che non solo non dobbiamo rinunciare alle commemorazioni, ma che, al contrario, e soprattutto in tempi di spinta alla omologazione globale ed in un paese in cui sarebbe ipocrita nascondere una ormai quindicennale crisi politica, sociale e morale, dobbiamo farne strumento di conoscenza e di arricchimento identitario, sentirci dentro un cammino e parte di una storia che si scrive ogni giorno, ma che altri hanno cominciato a costruire e che noi abbiamo l’obbligo di continuare. La storia della nascita della Provincia di Benevento costituisce un patrimonio poco valorizzato, poco noto e, conseguentemente, anche poco trasmesso alle nuove generazioni, eppure è un patrimonio di eccezionale importanza. Perché, ad esempio, è una storia che segna l’emancipazione ed il riscatto di una identità e quindi la rinascita di un popolo, quello dei sanniti, un popolo che si riprende la propria città simbolo, la propria “conditio sine qua non”, la propria capitale: Benevento; perché questo avviene come componente della emancipazione e del riscatto più generale del popolo italiano di cui fanno parte i sanniti, e nella realizzazione di una “grande utopia” e cioè di una nazione e di uno stato italiano; ed infine, perché questo è supportato da un grande paradigma valoriale che alimentò quella che molti, e non a torto, chiamano «Religione della Libertà», vero motore del Risorgimento italiano e non solo di esso”.  Anche la città di Benevento ed i comuni delle terre dei Sanniti furono attraversate dalla Religione della Libertà – ha ricordato Cimitile: quella stessa che portò tanti uomini e donne a vivere la propria vita come missione, come dedizione ad un ideale: la libertà; uomini e donne che per la libertà decisero di vivere e morire. Furono loro, persone come Gaetano Lenti, Salvatore Sabariani, Pietro Rampone e tanti, tanti altri, che diedero vita al Risorgimento beneventano e sannita impegnandosi in un lungo e straordinario cammino che attraversò i moti del 1821, del 1831, 1848, 1855. Un cammino che il 3 Settembre approdò alla fine del potere temporale del papa a Benevento e dunque alla nascita della Provincia di Benevento, e che diede – ha rimarcato il presidente – un contributo determinante all’Unità d’Italia. “Noi – ha scandito Cimitile – siamo qui, per ricordare e rinnovare una nostra pagina di storia, la nostra comune identità, per riconfermare l’irreversibilità di quel risorgimento ideale, civile e politico, consapevoli di dover continuare in un impegno costante di libertà, di democrazia, di sviluppo economico e sociale”.
Il Sottosegretario di Stato Viespoli, nel prendere la parola, ha discusso sul concetto di identità e sulla storia di questo territorio per affermare che la “Nazione” locale era già viva e forte ancora prima che si costituisse uno Stato attraverso l’esperienza dei Sanniti, prima, dei Longobardi, successivamente.
“Le pagine della nostra storia non vanno strappate – ha ammonito Viespoli; ma certo la costruzione di uno Stato appartiene ancora al futuro, ha aggiunto. Oggi – ha proseguito il senatore – noi stiamo discutendo come tenere insieme il Sud, il federalismo e l’Unità nazionale ed in prospettiva vincerà dal punto di vista politico chi riuscirà ad incrociare queste tre strade”.
Infine il Sottosegretario ha svolto una forte riflessione sull’orgoglio che anima chi guarda alla storia locale, in contrapposizione ad una certa tendenza a smarrire il senso dell’unità della nostra Provincia: “è indubbio – ha sottolineato Viespoli – che talvolta non tutti ci sentiamo veramente sanniti e che spesso qualcuno – ha concluso il senatore – senta l’attrazione e si rivolga verso altre aree”.
Ha svolto quindi la programmata relazione il prof. Fulvio Tessitore, una delle figure più eminenti del pensiero filosofico contemporaneo italiano ed europeo, docente della Federico II di Napoli e a lungo Rettore della stessa.
Il prof. Tessitore si è chiesto quale possa essere oggi per tutti gli italiani il valore dell’Unità nazionale e quale sia la loro considerazione generale del concetto di Stato. Dopo aver fermamente posto la questione morale, che dovrebbe animare la classe dirigente – “è una questione che deve animarci soprattutto per rendere un servizio ai giovani” ha detto Tessitore, egli ha rintracciato nel policentrismo una delle caratteristiche essenziale della nostra società. La stessa posizione geografica nel Mediterraneo della penisola ha favorito – secondo il professore – l’incontro delle culture e il formarsi di tante municipalità, di tante specificità locali. Ma questo – ha ammonito Tessitore – non è un disvalore, come qualcuno sostiene; al contrario è la vera ricchezza del Paese. Non si tratta infatti di folclore o culture si serie B, ma tutte le culture regionali e locali, frutto delle diverse influenze, hanno comunque un respiro internazionale ed europeo. Il vero problema del nostro Paese oggi, a parte la becera tendenza razzista alimentata dalla inesistente “nazione celtica” è, secondo Tessitore, quello di integrare convenientemente nello Stato le due Nazioni che si sono venute formando nel nostro Paese: quella degli esclusi e quella dei maggiorenti.
Dopo il discorso di Tessitore c’è stato un simpatico siparietto allorché il presidente Cimitile ha invitato al tavolo della presidenza il piccolo Salvatore che suggellato simpaticamente l’affetto che ancora oggi la cittadinanza nutre per il garibaldino Salvatore, uomo integro, che combattè per i suoi ideali per tutta la vita, che non si arricchì e che anzi, un po’ come lo stesso Garibaldi, finì con il ritirarsi a vita privata dopo l’Unità d’Italia, dopo aver perso un fratello in battaglia e la moglie Maria Pacifico, anch’essa patriota e coraggiosa garibaldina.
E’ seguita quindi la cerimonia della scopertura dell’opera di Ferrante nella Corte della Rocca. L’opera è stata brevemente presentata da Cimitile, il quale ha ricordato come la vicenda delle Forche Caudine sia il momento topico dell’identità sannita e per questo era giusto ricordarla nella sede di rappresentanza della Provincia con un grande segno d’arte.
L’opera è stata presentata da Ferdinando Creta, critico d’arte.
Mario Ferrante – ha detto Creta – coltiva, fin da quando, ancora bambino, si trasferisce con la famiglia da Roma, sua città natale, a San Paolo in Brasile, la propria vocazione per l’arte percorrendo itinerari sperimentali riguardo il figurativo di ricerca. Negli anni ’80 si sofferma su ritratti  ispirati dalla mitologia, con modulazioni cromatiche classiche ma non per questo meno affascinanti.
“Le sue opere – ha proseguito Creta – riscuotono un grande successo di pubblico in numerosi Paesi esteri. Nel 2000 due importanti esposizioni a New York (presso il National Art Club e il  Charlottesville Art Museum and Attraction) sanciscono il definitivo riconoscimento dell’artista presso le major museali internazionali. Nelle opere nate a cavallo di questo nuovo millennio il segno perde la geometria e la violenza, il colore assume dimensione più intima e vi è una sorta di snellimento compositivo”. La carriera dell’artista italo-brasiliano, dunque, secondo Creta, è stata caratterizzata da un marcato spirito cosmopolita; l’elemento che contraddistingue la sua attività è il Colore: abbondante, intenso, ragionato, capace di rivoluzionare, con la propria forza, la realtà dell’immagine che appare vibrante di luce, mai statica, connotata in un caratteristico movimento che l’artista decide di apportare all’intera opera. Rappresentare la sconfitta morale subita dai Romani nella battaglia delle Forche Caudine, la momentanea vittoria dei Sanniti con l’umiliazione imposta ai vinti, è importante per segnare e ricordare le origini del territorio beneventano.
In quest’occasione, ha concluso Creta,  il M° Ferrante abbandona momentaneamente i cicli metropolitani per soffermarsi su quelli storici, con lievi riferimenti ai suoi ritratti classici degli anni ‘80 rivaluta il passato con vivida modernità.
Infine, il Maestro Ferrante ha voluto salutare brevemente gli astanti illustrando il significato della propria opera.

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