Prof. Guido Silvestri (USA):”La grande ritirata di SARS-CoV-2 dall’Italia”

Bollettino del 9 maggio 2020 del Prof. Guido Silvestri medico, scienziato e divulgatore scientifico italiano.

1. LA RITIRATA CONTINUA

Oggi è uno di quei giorni in cui la grande ritirata di SARS-CoV-2 dall’Italia appare molto evidente.

Infatti è calato, per il VENTISEIESIMO giorno consecutivo, il numero totale dei ricoveri in terapia intensiva per COVID-19 – da 1311 a 1168, quindi di ben 143 unità. Come sapete questo è il mio “marker” preferito per seguire l’epidemia, e l’andamento lo vedete nel grafico postato qui sotto – una discesa costante da diverse settimane. Continua a scendere anche il numero dei ricoveri ospedalieri totali (da 15.174 a 14.636, quindi di 538 unità).

Il virus si ritira, non ci sono dubbi, ed è una cosa buona, anzi ottima, ma a maggior ragione non possiamo CALARE LE BRACHE proprio adesso. Confesso che ieri sono rimasto molto deluso a vedere certe fotografie della cosiddetta movida ai Navigli milanesi. Sono contento che ci sia stata una pronta reazione delle forze dell’ordine e speriamo di non dover più vedere certe scene, almeno fino a quando non siamo arrivati vicino a quota zero.

2. ORACOLO DI DELFI (AD USUM DELPHINI)

Chi segue questa pagina avrà capito che guardo con sospetto a molti dei modelli che elaborano alcuni epidemiologi per predire il futuro della pandemia. Intendiamoci: io ho il massimo rispetto per l’epidemiologia – ma la preferisco quando ci spiega il presente a quando cerca di prevedere il futuro. Soprattutto non mi convincono le previsioni (e, soprattutto, le previsioni funeste) fatte senza rendere conto di quanto sia alta la possibilità di eventi che cambiano improvvisamente le carte in tavola. Nel caso di SARS-CoV-2 e di COVID-19, ce ne sono diversi di questi eventi che non sono affatto da escludere – anzi, alcuni sono possibilissimi.

Per esempio, il virus potrebbe andare incontro ad una riduzione notevole della sua capacità di causare malattia – di recente ne hanno parlato diversi colleghi ed alcuni sembrano convinti che questo si stia già verificando. Oppure si potrebbero trovare delle terapie efficaci più rapidamente del previsto (ad esempio, una combinazione di antivirali ed immunomodulatori, vedi punto #4, oppure un anticorpo monoclonale neutralizzante, oppure ancora lo scale-up della terapia con plasma convalescente). Un altra possibilità da non escludere è che uno dei vaccini più promettenti tra quelli che stiamo testando faccia il classico gol con un tiro al volo da trenta metri. [per non parlare, ovviamente, della assoluta impossibilità di immaginare quello che succede nella testa dei politici che prendono decisioni in materia sanitaria…]

Per questo le previsioni dei modelli matematici mi lasciano abbastanza perplesso. Le vedo di due categorie. La prima è quella degli “educated wild guess” (i.e., tirare a indovinare), di cui era maestro Neil “Casanova” Ferguson – la cui capacità di intuire il futuro si è rivelata, alla prova dei fatti, piuttosto limitata. La seconda categoria di previsioni, di cui Mike Osterholm è campione indiscusso, mi ricorda mio zio buonanima, che quando giocava la Nazionale diceva a me che vincevamo, a mio padre che si perdeva, ed con la moglie pronosticava il pareggio. Così aveva sempre ragione (ma, ahimé, aveva anche sempre torto). Diciamolo: l’Oracolo di Delfi con certa gente non ci avrebbe preso neanche un caffè.

Scherzi a parte, sono abbastanza vecchio da aver visto nella mia vita diverse epidemie e pandemie venire ed andare (AIDS, Lyme, Ebola, West Nile, monkey-pox, SARS-1, aviaria, Nepah, MERS, hantavirus, Zika, morbillo…), e da ricordarmi che di previsioni azzeccate sul futuro di una epidemia ne ho viste fare molto poche. Ed ho anche buona memoria da non aver dimenticato come l’uso copioso di lettere greche e complesse equazioni matematiche non abbia quasi mai previsto quei “game changers” che hanno cambiato in modo drammatico l’andamento di una epidemia. D’altronde l’aveva già detto il grande Yogi Berra: non c’è niente così difficile da prevedere come il futuro.

[A chi fosse interessate a capire la differenza tra il potere di fare previsioni ed il potere di dare spiegazioni consiglio questa interessante lettura:
https://backreaction.blogspot.com/…/predictions-are-overrat…]

3. DACCI OGGI IL NOSTRO PANICO QUOTIDIANO

Il panico quotidiano di oggi nasce da un pre-print postato su BioRxiv da un gruppo di virologi ed informatici americani – tra cui due miei vecchi amici, Bette Korber e David Montefiori – in cui si descrive una enorme serie di sequenze di SARS-CoV-2 isolate in molte parti del globo per arrivare alla conclusione che una certa mutazione (D614G) nella proteina Spike è associata a diffusione più veloce del virus (ma non a una sua maggiore capacità di causare malattia grave). In un impeto di esuberante pessimismo gli autori hanno parlato di “urgent concern” e di “important implications”. Poi, da copione, sono arrivati i titoloni a base di “supervirus”, “turbovirus”, “moriremo tutti” – il che è vero, direte voi, e allora “moriremo tutti nei prossimi sei mesi”, o magari nei prossimi sei minuti.

Io non ho detto nulla perché sapevo che sarebbe presto arrivata la reazione della comunità scientifica, che di solito non ama questi sensazionalismi. E puntualmente oggi il New York Times, sotto le sembianze di Carl Zimmer, un reporter che di scienza ne capisce, ha chiarito che le notizie di una impellente fine del mondo erano un pochino esagerate. Lo ha fatto citando Sergei Pond, della Temple University (“I don’t think they provide evidence to claim transmissibility enhancement. In order to establish this, you’d need direct competition between strains in the same geographic area.”), Bill Hanage di Harvard (“I think those claims are suspect, to say the least.”), e Brian Wasik di Cornell (“They got a bit over their skis on title, conclusions.).

Più semplicemente, e senza offesa per nessuno, direi che questo paper abbia proprio bisogno di una bella peer-review… e poi ne riparliamo tutti insieme quando questi dati saranno pubblicati sul serio.

4. LA BELLA NOTIZIA DEL GIORNO

Da tempo sostengo che le terapie più promettenti contro COVID-19 sono quelle a base di antivirali specifici (Remdesivir, EIDD 2801), anticorpi monoclonali e/o plasma convalescente, e farmaci capaci di combattere la “tempesta delle citochine” (soprattutto quelli che hanno come bersaglio l’asse IL-6, IL-6Ra, JAK/STAT3, come Tocilizumab, Baricitinib, etc). Per questo mi fa piacere che oggi sia ufficialmente partito il primo trial clinico controllato in cui si valuta la combinazione di un antivirale, il Remdesivir, con un immunomodulatore, il Baricitinib (il gruppo di controllo riceverà Remdesivir da solo).

Il trial si chiama Adaptive COVID-19 Treatment Trial 2 (ACTT2) e coinvolgerà più di mille pazienti in 100 ospedali di USA e all’estero. Ricordo che il Baricitinib è una molecola a somministrazione orale, con scarsi effetti collaterali, la cui azione consiste nel bloccare il pathway di trasduzione del segnale di immune-attivazione mediato dalla tirosina kinasi JAK e dal transcription factor STAT (ed ora è d’uopo il sorrisetto sadico, perché … m’sa ch’ machì nun c’avet capit’ ‘n cazz’ nisciun’ ). Scherzi a parte, teniamo le dita incrociate, perché stavolta ci potrebbe essere davvero un bell’effetto sulla mortalità da COVID-19.

Con questo, cari amici, vi do appuntamento a lunedì mattina su questi stessi schermi, augurando a tutti un buon fine settimana, all’insegna dell’ottimismo, del pragmatismo, del buon umore e di una fiducia incrollabile nella scienza.

 

Prof. Guido Silvestri medico, scienziato e divulgatore scientifico italiano. Professore ordinario e capo dipartimento di Patologia alla Emory University di Atlanta, direttore della Divisione di Microbiologia e Immunologia allo Yerkes National Primate Research Center, e membro dell’Emory Vaccine Center.

 

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