De Caro: Candidato Sindaco, ora il PD acceleri

Perché? «Il Pd ha sempre sostenuto che i problemi andavano affrontati dalla testa e non dalla coda: prima il programma, poi l’alleanza di governo ed infine il candidato a Sindaco. Siamo rimasti fedeli a questa impostazione e riteniamo di avere già fissato alcuni punti significativi: l’approvazione del codice etico ed una convergente valutazione sulle liste civiche la cui partecipazione dovrà essere consentita dalla coalizione. Ora è il tempo di stringere». Come interpreta la posizione dell’Api, che attende sempre cosa si deciderà a Roma? «L’Api è una formazione politica che, dichiaratamente, si muove per concorrere alla realizzazione di un terzo polo, già battezzato Partito della Nazione. In che misura tale orientamento generale possa calarsi nelle realtà territoriali non so dire. Osservo che questo partito condivide il percorso del centrosinistra al Comune ed alla Provincia e, quindi, esprimo il forte auspicio che la comune esperienza amministrativa possa rafforzarsi». Ritiene che le coalizioni cambieranno rispetto alle attuali? «In politica niente è immutabile. Basta guardare a quanto è accaduto nel centrodestra nei mesi scorsi. Le coalizioni nascono e progrediscono quando vi è una comune visione dei problemi ed uno spirito costruttivo per affrontarli e risolverli. Non è mai difficile vincere, è arduo governare in una condizione generale nella quale i problemi si affollano e ci tormentano». Avete approvato un documento dove si dice che eventuali primarie vanno svolte entro febbraio. Le considera ancora possibili dopo quanto accaduto a Napoli? «La vicenda di Napoli, tuttora irrisolta, ripropone il tema di una profonda rivisitazione del meccanismo delle primarie che io considero formidabile strumento di partecipazione democratica e di riavvicinamento dei cittadini alla politica. Le primarie sono servite per arricchire il confronto, per stimolare gli apporti programmatici, per coinvolgere tantissimi cittadini forse privi di tessera di partito ma non certo di identità politica. Non hanno funzionato quando si sono trasformate, come a Napoli, in regolamento di conti. A Benevento abbiamo immaginato che le primarie di coalizione potessero servire allo scopo e, viceversa, che primarie all’interno di un solo partito potessero dare la percezione, sbagliata, di una esibizione muscolare». L’offerta di candidatura a sindaco di Iadanza è sempre valida: se non si dovessero fare le primarie, quale organismo sceglierà tra lui e Fausto Pepe? «Pietro Iadanza, al quale non ho mai fatto mancare la mia personale amicizia e solidarietà, ha offerto la sua disponibilità a rappresentare un progetto politico ed un’identità, tutt’altro che isolata, non conflittuale con l’attuale esperienza ma che riuscisse ad andare oltre. Se le primarie non dovessero tenersi e se la coalizione dovesse attribuire soltanto al Pd l’onore e l’onere della scelta, il partito non avrebbe, comunque, problemi a scegliere. Esistono gli iscritti della città di Benevento, il Comitato cittadino, il gruppo consiliare, la folta delegazione di assessori e, più in generale, un gruppo dirigente autorevole e responsabile che, con spirito costruttivo ed unitario, assumerà la decisione». Iadanza è espressione di un dissenso da parte di un’area che va oltre il Pd. Quali sarebbero le motivazioni di tali differenziazioni? «Credo di aver già risposto. Dare voce a quanti immaginano un progetto politico differente è il sale della democrazia e quest’ultima si nutre di dissenso. Non è contrapposizione, né muro contro muro, ma riaffermazione di una libertà di pensiero ». Oltre a Iadanza e Pepe, pensa che nel Pd possa emergere un terzo candidato a sindaco? «Nell’aprile 2008 Giorgio Nista ed io facemmo come i polli di Renzo. Non penso che la storia possa ripetersi e, da laico, non credo nei miracoli». Nardone ha rotto gli indugi, ha ufficializzato la presentazione di due liste. Per il Pd non dovrebbe essere una bella notizia. «Nardone ha grande esperienza, intuizione e passione. Queste doti unite ad una lunga permanenza nelle Istituzioni, rappresentano un significativo patrimonio da consegnare alle giovani generazioni. Mi riesce difficile immaginare che questo patrimonio possa essere disperso o anche solo dissipato con donazioni a figli naturali anziché a quelli legittimi».

IL MATTINO del 6 Febbraio 2011

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