Il saluto a Carmelo che zio Clemente Mastella ha letto in chiesa.

 Ma come si fa in questa nostra strana arena che è la vita a competere e vincere contro Dio, a capovolgere la sua volontà, quasi a ribellarsi ad un destino segnato, tremendamente segnato e senza scampo? E quanti gli volevano bene hanno provato a far capire a Dio che forse la sua sofferenza era ingiusta, incrociando la malattia e la morte, sia lo sgomento dei genitori sopravvissuti alla tragedia del figlio, e sia l’angoscia per bimbi innocenti che ne reclamavano la paternità. Anche le preghiere sono diventate una rassegnata invocazione senza speranza. Ti abbiamo chiamato più volte o Signore, e tu non ci hai risposto. E’ giusto, è giusto che un ragazzo mite e buono debba segnare il passo, smettere di amare, di sognare perché tu hai deciso anzitempo così? Non solo la fede che docile, ha accompagnato la famiglia e ci ha accompagnato in questa lunga Quaresima della vita ci fa accettare il dramma, ma come i discepoli smarriti di Emmaus il racconto dei fatti cui stiamo assistendo ci aiuta capire come sia misterioso il piano di Dio. Una incredibile narrazione del suo modo di stare al mondo, le straordinarie manifestazioni di affetto per Carmelo dovute al riconoscimento di quel dono naturale della sua mitezza, del suo umile e paziente modo di porsi, ci fanno capire che la sua partita Carmelo non l’ha persa ma l’ha vinta. Noi non veniamo al mondo semplicemente per esistere o per essere inseriti in una storia, noi siamo scelti provvidenzialmente per farla questa storia. Che lui, il nostro Carmelo, è stato scelto perché la sua gentilezza, il suo garbo, la sua bontà fossero una esemplare testimonianza di vita. Ho letto ed ascoltato in queste ore tanti commenti su di lui, come un incredibile riconoscimento da parte di tutti della sua bontà. Un giocatore buono, un allenatore buono, un giovane buono, con un istintivo senso della misura con un parlare avaro di parole ma ricco di gesti e di significati. Questo colpiva di lui, questo forse ha colpito anche Valeria, legandoli così ad una dolce storia d’amore che oggi fa trattenere il respiro ma non muore, perché l’amore vero non muore mai. "Uno di noi", cantavano i suoi splendidi tifosi allo stadio. Sì, davvero uno di loro, che col suo modo semplice di fare insegna a vivere, a come si vive con gli altri, tra gli altri, per gli altri. Mai alzando la voce, mai sopra le righe. Sempre con atteggiamento composto e generoso, severo con sé stesso, rispettoso degli altri. Carmelo aveva un suo stile, che il popolo sportivo, i suoi colleghi, i suoi avversari, hanno imparato ad apprezzare. Di qua la grande partecipazione e commozione nei suoi confronti. Carmelo è stato, nonostante la sua giovane età, un eccezionale maestro di vita. Un esempio per tanti. Se è così, ed è così, iniziamo a capire, o Signore, perché ce lo hai tolto. E ti siamo infinitamente grati per avercelo concesso per tutti questi anni. E noi di questa piccola comunità, che a lui era legata ed è legata da uno smisurato affetto, orgogliosi del suo bomber prima e del suo giovane allenatore dopo, siamo ancora più orgogliosi della sua testimonianza di vita. Asciughiamo allora, o proviamo a farlo, le nostre lacrime. In fondo la sofferenza è come una mandorla amara, tu la butti via, credi che sia finita nella fredda terra, invece, ripassando per quel posto, dopo molti anni, troverai un bel mandorlo in fiore. Quando giocavi nel Napoli, i giornali, con un po’ di civetteria scrivevano: ma Imbriani è il nipote di Mastella, o Mastella è lo zio di Imbriani? Oggi sono fiero di dirti che sono soltanto uno zio sereno e declinante, quasi al tramonto della sua stagione di vita, che ti ha voluto bene, fiero di essere semplicemente tuo zio. Continua a giocare lassù, fagli vedere come sei ancora veloce, talmente veloce che sei arrivato prima di noi.
Clemente Mastella
www.beneventocalcio.it

ARTICOLI CORRELATI