La paura e la sorte di un fochista

Una fabbrica di fuochi d’artificio, quella di San Giovanni Ceppaloni, tra le più sicure della Campania. Un fochista esperto, la cui storia familiare è segnata da una grande passione per i fuochi pirotecnici che vent’anni fa è costata la vita al padre e allo zio. Il boato che ha raso al suolo il capannone dell’azienda e ucciso Ruggiero De Blasio, 32 anni, ha scosso una mattinata che sembrava come altre. Ruggiero, sposato e padre di una bimba, alza la serranda del locale dove c’è della polvere per confezionare i “botti”.

Di lì a poco lavoreranno i suoi dipendenti. L’esplosione improvvisa rade al suolo il deposito e scaraventa l’imprenditore a 700 metri di distanza. “Ci risulta che la fabbrica esplosa avesse passato tutti i controlli di legge, che sono davvero tanti e tutti effettuati da enti diversi. L’ultimo ok a dicembre lo aveva dato la questura di Benevento. La ditta era assolutamente a norma. Impossibile pensare- afferma Nobile Viviano, presidente dell’Associazione pirotecnica italiana (AssPI) e discendente di cinque generazioni di fochisti- che il materiale che si trovava nel deposito saltato in aria a Ceppaloni si sia incendiato per autocombustione. Anche perché, a quanto ne so, quel materiale si trovava lì dalla sera prima.

Certamente il povero De Blasio stava lavorandoci”. Un fochista esperto, anche di chimica, nonostante la giovane età, l’imprenditore morto. “In Italia- continua Viviano- ci sono sempre meno produttori di fuochi pirotecnici come De Blasio e sempre più importatori, specialmente di materiale fabbricato in Cina”. Un mercato, questo, sospeso tra artigianato e industria. “In Italia non siamo portati a pensare ai fuochi come prodotto industriale, da produrre in serie.

Per nostra antichissima tradizione, consideriamo i fuochi un’opera d’arte, non ripetibile due volte allo stesso modo”. La scuola italiana ha prodotto nei secoli, e produce ancora oggi, i migliori fochisti del mondo. Solo gli spagnoli tengono un po’ il passo. Napoli e la Campania sono l’epicentro di questo mondo. Nella regione infatti si trovano circa la metà delle oltre 400 aziende legali esistenti in Italia. Il rilievo occupazionale è importante; il settore dei fuochi pirotecnici in Italia impiega 3.000 lavoratori (15.000 se si considera l’indotto, cioè quelle fabbriche di materiali plastici o cartacei specifici per i fuochi d’artificio); il giro d’affari annuale in Italia è di circa 100 milioni di euro.

Questo il mercato legale; considerando l’universo in nero, quello illegale, delle imprese pirotecniche, le cifre possono raddoppiare. Negli ultimi anni la tendenza negativa dei morti sul lavoro (nel settore quasi tutti gli incidenti sul lavoro sono mortali) si era invertita in senso positivo. Questo 2011 è iniziato nel peggiore dei modi. Il 2 febbraio l’incidente costato la vita a Ruggiero De Blasio; il 10 gennaio hanno perso la vita nell’esplosione di una fabbrica a Santa Venerina (Catania) gli operai Giuseppe Adornetto, 75 anni, e Petru Merla, 39. Ma quale dev’essere l’atteggiamento di chi lavora tra botti e polvere pirica? Dice Viviano: “La paura. La compagna di sempre di un fochista”.

TGCOM

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