Piero Mancini, sindacalista Flaica Cub . ” Biodigestore, grande confusione “

foto infosannionews.it

Una grande confusione, alimentata ad arte da professionisti della politica, avvolge lo scandalo Biodigestore a Ponte Valentino. Purtroppo lo scandalo è scoppiato in piena campagna elettorale. Nel caos generato da reciproche accuse, strumentali e devianti, pochi non si sono lasciati andare alla creatività opportunistica, alla facile e futile visibilità. Tra questi il pastificio Rummo, la Coldiretti e la Confcommercio. Per riportare nei giusti termini la complessa vicenda bisogna ancorarla alla Legge regionale n° 14 del 26 maggio 2016. Politici, amministratori e candidati dilettanti allo sbaraglio, che dovrebbero ben conoscere questa legge, hanno fatto pervenire ai giornali note molte volte imbarazzanti. Alcune per crassa ignoranza. Altre, volutamente tali per alimentare la caciara in modo da non fare emergere le responsabilità gravi, non solo politiche, di pochissimi e facilmente individuabili potenti personaggi. Per fare chiarezza, brevemente, illustro lo spirito della Legge. E’ prevista la creazione degli Ambiti Territoriali Ottimali, Ato. Unici legittimati a gestire e risolvere il difficile problema rappresentato dai rifiuti, a partire dall’autosufficienza provinciale nella trattazione delle varie frazioni. Soprattutto di quella più delicata, perché altamente inquinante, della frazione organica, l’umido. L’Ato, tramite il Piano d’Ambito, stabilisce dove allocare l’impiantistica che serve al riciclo per recuperare materia prima seconda o, come nel caso dell’umido, ricavare compost da utilizzare come concime biologico. La grandezza dell’impianto di compostaggio deve essere tale da trasformare solo la quantità di umido annualmente prodotta nella provincia dove sorge. L’Asi, nel mese di novembre 2019, sospendendo l’iter autorizzativo ha agito molto bene, rispettando la Legge regionale. Poi, il 15 giugno, avviene una strana svolta di 180 gradi e l’ASI si rimangia la sua giusta decisione, venendo anche meno alla delibera n° 10 del 27 aprile 2015, approvata dal Consiglio Generale, con cui furono decise apposite linee guida per disciplinare il sistema insediativo. In tale linee è esplicitamente previsto che non sono ammesse attività di gestione e trasformazione dei rifiuti. Delibera ben conosciuta da Barone, perché anche da lui approvata in quanto componente del CG. Venendo, quindi, meno, in modo grave, al regolamento che lui ha contribuito a creare. Tale incomprensibile e condannabile iniziativa è da ascrivere al solo presidente? Il furbo escamotage di coinvolgere strumentalmente l’Università è servito per depistare chi non è addentro alle deliberazioni dell’Asi e per tentare di dare legittimazione scientifica alla sua inversione? Fortunatamente l’Università non si è espressa e non è stata coinvolta, negativamente, nelle vistose polemiche. Chi ha fatto sul presidente dell’ASI una pressione tale da costringerlo a cambiare indirizzi consolidati e ben delineati? Per tutelare quali grandi interessi si è preceduto in modo tanto arrogante e palesemente illegittimo? Confcommercio è nel giusto quando chiede le dimissioni dell’organo direttivo dell’Asi che si è reso complice di tale scempio. Intanto, con estremo ritardo, il dg massimo romito ha presentato, nel mese di luglio, al Consiglio Generale dell’Ato il Piano d’Ambito. Da lui firmato e già pronto nel mese di aprile. Perché se era pronto nel mese di aprile viene presentato a luglio? Il Piano viene presentato per evitare il commissariamento, nel giro di quindici giorni, minacciato dalla Regione stanca di attendere. Se la Regione non avesse minacciato il commissariamento dell’Ato sannita, il Piano d’Ambito sarebbe stato presentato? Strani e opachi comportamenti intorno a questa complessa vicenda, dove girano tanti, ma tanti, milioni. Detto ciò, cosa prevede il Piano d’Ambito per il riciclo dell’organico? Non la creazione dell’impianto di compostaggio nell’area dello STIR di Casalduni, per cui la Regione ha stanziato 12 milioni di euro. Come sarebbe logico. Il Piano d’Ambito prevede che: ”Nelle precedenti pagine sono state evidenziate le motivazioni per cui si ritiene di realizzare presso il sito sul quale insiste lo STIR di Casalduni, esclusivamente un ecodistretto per il recupero di materia prima seconda, abbandonando l’ipotesi di realizzazione dell’impianto di trattamento della frazione organica. Occorre, pertanto, individuare un diverso ove dove realizzare l’impianto pubblico mediante nuova e immediata manifestazione di interesse, auspicando di costruire un impianto secondo la tecnologia della digestione anaerobica con recupero energetico”. Proprio come quello presentato dalla Energreen. Come si ottiene il recupero energetico? Bruciando l’organico inertizzato con un termovalorizzatore, ovvero, come rilevato dal commendatore Cosimo Rummo, il più conosciuto inceneritore. Alla luce di quanto avvenuto bisogna rivedere il Piano d’Ambito, almeno per il trattamento dell’organico? Infine, nel Piano non si fa alcun cenno all’assunzione degli ex dipendenti dei Consorzi Bn1, Bn2 e Bn3 alla dipendenza dell’Ato, come prevede la citata Legge regionale

piero mancini, sindacalista Flaica Cub

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