Con Vittorio Campobasso ” IL ROCK’N’ ROLL IN CITTA’ “. La musica, la rabbia, il male di vivere. A cura del M°Enrico Salzano.

LA MUSICA A BENEVENTO: I PROTAGONISTI

Rubrica ideata e curata dal M° Enrico Salzano, critico e storico musicale.

Lucille, you won’t do your sister’s will?/ Oh, Lucille, you won’t do your sister’s will?
You ran off and married, but I love you still / Lucille, please, come back where you belong
Lucille, please, come back where you belong / I been good to you, baby, please, don’t leave me alone”…

La città, nei tardi anni Cinquanta era appena sfiorata dall’impetuoso vento del rock e accanto al “mambo”, alla “rumba”, al “cha-cha-cha” e al “merengue”, i complessi cominciavano ad inserire nei loro repertori “Rock around the clock” di Billy Haley che viene ricordato per il suo linguaggio eccentrico, scarno, immediato e poco colto, ma diventerà nel tempo il vocabolario del “rock’n’roll”.

Il ballo però era un’eccezione e figurava esclusivamente per fare colpo; infatti il pubblico nelle sale smetteva di ballare e impressionato seguiva “l’evento”.

Ormai, i sedicenni si entusiasmavano per il singhiozzo di Tony Williams, voce solista dei “Platters”, per “Danny boy” di Conwy Twitty, per Elvis Presley, il “re”; per l’aggressivo, provocante, Little Richard in “Tutti frutti” singolo di cui vendette, nel ’55, sette milioni di copie per le intemperanze di Jerry Lee Lewis dai grandi sorrisi e dai tempi serrati.

Non era affatto raro vederli ballare davanti ai juke-box o tra le poltrone dei cinema, come i loro coetanei americani.

Il “rock’n’roll” era, per la nuova generazione, un fatto elettrizzante mai vissuto che aveva il sapore di rivolta. Così, a Benevento, Vittorio Campobasso con il complesso “Alba” del fisarmonicista Mario Lamparelli, si scoprì ad imitare le pose, i vestiti e le voce dei modelli d’oltre-oceano, avventurandosi in questa nuova musicalità a cantare con grinta “Tutti frutti” e “Lucille”.

E’ scandaloso!”. Così il panorama culturale dell’epoca. “Dovrebbero arrestarli!”. Ma, quando il “rock’n’roll” nostrano interpretava “Il tuo bacio è come un rock” e “24mila baci”, i giovani si scatenavano cantando e saltando.

Durante il suo periodo iniziale si ispirò allo stile boogie e blues; batteva, infatti, i piedi sulle tavole del palco del “Massimo” e sulla pedana del “Salone del Fante”; spiritato si dimenava contorto, posseduto dal ritmo, minacciando quasi a voler buttar via il microfono allorché, a tutt’eco e con tanti effetti audio proponeva “Good golly miss Molly” e “Whole lotta shakin’goingon” di Jerry Lee Lewis.

Good golly, Miss Molly, sure like to ball, whoo / Good golly, Miss Molly, sure like to ball

When you’re rockin’ and a rollin’ / Can’t hear your momma call

From the early, early mornin’ / ‘Til the early, early night

When the caught Miss Molly / Rockin’ at the house of blue light”…

Un rarissimo esempio di vitalità artistica, il suo. Vittorio era un ragazzo che cercava nel proprio successo una rivendicazione nei confronti di una vita anonima che voleva divenisse eccentrica e ricercata. Stravagante per sua natura appariva, non certamente il ragazzo della porta accanto, ma strafottente e disinibito forse per atteggiarsi al duro di “Blackboard jungle” diretto da Richard Brooks e interpretato da Glenn Ford e Vic Morrow.

Poche centinaia di metri dividevano la sua abitazione in Vico Bagni dalla mia e questo mi dava l’occasione di incontrare quasi quotidianamente il dinoccolato, biondo, occhialuto, primo “rock’n’roller” della città, condividendo Jhonny Ray, Colin Hicks, Frankie Avalon, Fats Domino, Chuck Berry, Gene Vincent, Ricky Nelson, per poi sorprenderci estasiati all’ascolto del juke-box del “Bar Sport” in Piazza Duomo o davanti a quella scatola magica del “Bar Fragnito” al Rione Libertà, rimandando la litania-scioglilingua “Tooty frooty o rooty” che aveva fatto conoscere al mondo intero Little Richard e a Benevento,Vittorio Campobasso.

Questa città mi va stretta!”. Da tempo ripeteva e partì senza salutarmi per l’Inghilterra, approdando a Londra per non farvi più ritorno.

Tanti sono gli anni trascorsi da allora, ma a raccontar queste vecchie storie musicali si capisce che l’aspetto più interessante è quello culturale. Un’occasione da non perdere per quanti non c’erano e per me è soddisfacente rivivere le primissime emozioni e le atmosfere musicali che difficilmente si ripeteranno.

A – bap – bap – a loom – op – a – lap – bap – bom”.

Enrico Salzano

* Omaggio a Vittorio Campobasso, rock’n’roll nostrano

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