Infarto, metà strutture italiane ha meno di 100 casi l’anno. Sotto minimi ministero, con pochi pazienti gli esiti peggiori

Il 49% delle strutture sanitarie italiane non raggiunge i 100 casi annui di infarto miocardico acuto di primo ricovero, soglia minima fissata dal ministero della Salute e uno dei fattori che determinano gli esiti degli interventi. Lo affermano i dati di Doveecomemicuro.it, il portale che raccoglie i dati su oltre 2mila tra ospedali e strutture territoriali. Per l’infarto miocardico acuto le strutture più virtuose che rispettano i volumi minimi di ricoveri sono principalmente al Nord (45%), seguono il Sud e le Isole (34% complessivo) e il Centro Italia (21%). In particolare si distingue l’Emilia Romagna con le strutture Ospedale di Parma e l’Arcispedale Sant’Anna (Cona) e la Campania con l’Azienda Ospedaliera A. Cardarelli di Napoli. Se si tiene conto della minore mortalità a 30 giorni dal ricovero nel rispetto dei volumi al primo posto troviamo l’Ospedale Civile di Guastalla (Emilia Romagna) seguito dallo Stabilimento San Bartolomeo di Sarzana (Liguria), l’Ospedale di Bentivoglio (Emilia Romagna), l’Ospedale Civile San Giovanni di Dio – Frattamaggiore, Napoli (Campania) e l’Ospedale Santa Croce – Castelnuovo Garfagnana, Lucca (Toscana). “Ormai sono numerose le prove in letteratura che confermano che per molte condizioni cliniche e interventi esiste un’associazione tra il volume di attività e l’esito delle cure – spiega Elena Azzolini, specialista in Sanità Pubblica e membro del comitato scientifico del portale – in particolar modo in termini di mortalità intra-ospedaliera o a 30 giorni dal ricovero/intervento”. Prendendo in esame gli interventi di by pass aorto-coronarico la situazione peggiora: il 76% delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate non rispetta i volumi minimi. (ANSA).

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