Lettera aperta ai vigili urbani

 La politica del potere, che non mi appartiene, ha intralciato il mio lavoro e, quindi, per dignità , devo ammettere il fallimento e andare via con la speranza che colui che mi seguirà  sarà , di certo, migliore di me. Quando giunsi da voi sono stato accolto con affetto e, mi si creda, il ricordo della festa di S. Sebastiano, patrono dei vigili, che celebrammo insieme nel gennaio 2007, rimarrà  sempre vivo e presente in me finchè la mia vita duri. Il vostro corpo è inutile negarlo, è stato da decenni interessato da lotte interne anche se ognuno di voi, alcuno escluso, abbia sempre svolto il proprio lavoro con dignità  ed abnegazione. Cercai, da subito, evitando di fare lo struzzo, di riconciliare le parti e sembrava di esserci riuscito. Poi, l’imposizione politica di Delvino, voluto con forza da chi oggi si dichiara immacolata, ha fatto ritornare le lotte che, poi, sono state un crescendo. Il tutto nell’assordante silenzio dei miei compagni di viaggio che non hanno dato ascolto alle quotidiane prese di posizione intese a porre riparo alla grave situazione. Sono stato un uomo solo e, poichè sono un soggetto scomodo per i tempi in cui malauguratamente siamo costretti a vivere, si è preferito lasciarmi nel guado. E mi tormenta il fatto che lo stesso Sindaco, al quale ho voluto un bene dell’anima non ho chiedendogli, mi si dimostri il contrario, un solo compromesso, non mi abbia aiutato facendomi solo e sempre promesse. Eppure, quella mattina di martedì in albis del 2007, chi oggi non molla, impose proprio a Fausto Pepe, con toni irripetibili, Delvino. Io, in quella occasione, fui solo una pallida comparsa. Se l’immacolata avesse profferito a me il putiferio di invettive che scagliò contro il Sindaco, siatene certi, l’avrei fatta correre per tutto il circondario ceppalonese. Ed, allora, perchè, in ultimo, ho dovuto pagare solo io? Poi, per le successive imposizioni politiche che non ho assecondato ho pagato pene da inferno sul piano professionale e se fosse stato per la magistratura di Benevento, sarei stato licenziato dal posto di lavoro. Fortunatamente, i magistrati partenopei hanno difeso con imparzialità  i miei diritti. Mi rimane l’amarezza, cari vigili, di non essere riuscito a fare di voi tutti una famiglia. Vado via al fine che un giorno lontano non si dica che quando c’era De Lorenzo sia venuto il finimondo. No. In un momento in cui tutti sono incollati alle poltrone, io ammetto la sconfitta e mi tiro indietro. Gradirei che, con la mia stessa lealtà , a testa alta, il Sindaco ammetta dinanzi alla città , di aver sbagliato nei miei riguardi sprecando il suo tempo ad assecondare i questuanti quotidiani che soggiornano dinanzi alla sua porta. Io, per natura, nella sua stanza sono entrato sempre con la schiena ritta preoccupandomi solo di una cosa: di volergli bene. Non so se ho sbagliato. Il tempo sarà  galantuomo. Vi abbraccio, forte forte, uno per uno.

                                                              Giuseppe De Lorenzo

ARTICOLI CORRELATI