‘Ndrangheta: gip, ‘da arrestati inquietante dimostrazione che da mafia non si esce’

Milano, 15 apr. (Adnkronos) – L’inchiesta della procura di Milano contro la ‘ndrangheta, sono 14 gli arresti di persone vicine alla cosca Piromalli di Gioia Tauro, “è l’inquietante dimostrazione” che l’annotanamento dalle organizzazioni mafiose “difficilmente può avvenire su base volontaria”. Lo mette nero su bianco il gip Sonia Mancini nella sua ordinanza di custodia cautelare di oltre 600 pagine.

Il dominus di questa indagine Salvatore Giacobbe rappresenta, in particolare, “la dimostrazione plastica della indissolubilità del vincolo associativo mafioso che non teme alcun pericolo in conseguenza neanche della carcerazione” e nel caso di specie “emerge la chiara volontà del gruppo criminale di ricostituirsi al giorno uno della stessa scarcerazione” del principale arrestato che dietro le sbarre “ha volutamente conservato e rafforzato la sua fama di mafioso”, carcere dove “ha addirittura conferito doti ad altri detenuti”. Subito dopo la sua scarcerazione, mentre era ancora in sorveglianza speciale, ha avuto “l’ardire di scegliere come suo luogo di dimora il comune di Milano, individuato con ogni verosimiglianza, non certo a caso ma con il preciso intento di potersi ivi muovere con più facilità rispetto al piccolo centro di provenienza e di espandere la sua organizzazione criminale verso settori ancor più redditizi, avvalendosi proprio della natura mafiosa dell’associazione” scrive il gip.

Salvatore Giacobbe scarcerato nel 2012 dopo la sentenza della corte d’Appello di Milano dell’aprile del 2002 (per i reati di associazione a delinquere, estorsione, violazione della normativa in materia di armi), “ha ripreso a delinquere” già due anni dopo (come da sentenza del tribunale di Como). Per il gip è “del tutto evidente, che le plurime e gravi vicende giudiziarie vissute non hanno avuto su di lui alcun effetto e significative sono le modalità con le quali, nel corso delle indagini, ha sistematicamente violato le prescrizioni legate alla misura di prevenzione cui era sottoposto”. Il resto della famiglia non è da meno: il figlio Angelino, nonostante la giovane età, ha “un curriculum criminale di spessore inaugurato al Tribunale dei minorenni” e l’altro, Vincenzo, “è recidivo” confermando, con il proprio casellario giudiziale, “la fiducia in lui riposta dal padre Salvatore”.

ARTICOLI CORRELATI