Ruscello: Siamo ancora in tempo a ridimensionare la Napoli-Bari

L’On. Zarro, mediante l’Associazione culturale “Impegno civico”, il 28 scorso ha promosso un incontro dal titolo: «Linea BN-CANCELLO (Valle Caudina) – Quale futuro?». [1]

Ebbene, la prima volta che ho scritto sul sistema dei trasporti nella nostra provincia risale a ben 45 anni fa quando proposi di far divenire Benevento un porto ferroviario, proprio tramite la linea Napoli-Cancello-Benevento. [2]

La proposta, peraltro, credo possa essere ancor più attuale alla luce della ZES-Campania e farebbero bene i nostri rappresentanti politico-economici ad appoggiare tale progetto, ridimensionando, per i successivi motivi, il faraonico e controproducente progetto della AC/AV Napoli-Bari. Questa grande opera, infatti, a mio più che modesto parere, non apporterà nulla di positivo all’economia beneventana, specie dopo l’abbandono del progetto originario [3]. Esso, infatti, non prevedeva la stazione Irpinia, bensì il potenziamento della linea esistente e trascurabili cambi di percorso. Quello definitivo, invece, ha un costo di ben 2,7 miliardi di euro solo per la realizzazione del nuovo tracciato tra Apice e Orsara, e annessa stazione Irpinia, giudicata negativamente all’inizio [3]. Insomma, la versione ripetuta e corretta dell’autostrada Napoli-Bari. Aggiungo solo che, se è vero che saranno ridotti i tempi di viaggio, ciò varrà per i napoletani e i baresi. Infatti, da Napoli a Bari e viceversa, è prevista una riduzione da 3h e 40m, a 2h. Il bello, però, cari lettori, è che ciò sarà possibile solo nell’ipotesi di nessuna fermata intermedia [4], per cui noi beneventani li vedremo solo passare i fantomatici TAV.

Sempre a mio modesto parere, le nostre più urgenti priorità in tema di infrastrutture sono costituite dalla messa in sicurezza della Benevento-Caianello, per il sistema viario, e l’efficientamento della linea Napoli-Bari per le ferrovie, cui si dovrebbe aggiungere, appunto, la Benevento-Napoli, via Valle Caudina. Si avrebbe così un efficace miglioramento nel sistema dei trasporti ed una migliore allocazione dei fondi, senza l’ulteriore marginalizzazione di Benevento. D’altra parte, se una multinazionale come la Nestlè ha deciso di investire a Benevento nella pur attuale assenza totale di infrastrutture, perché dannarsi l’anima?

Sarebbe auspicabile, quindi, che l’intera classe dirigente “politico-economica” beneventana, nonché noi semplici cittadini, accogliendo l’appello di “Impegno civico” e del Comitato pendolari [5], facessimo inserire immediatamente la Benevento-Cancello, via Valle Caudina, nel piano strategico della ZES campana, in uno ad una proposta di interventi operativo-economici. Tale linea, infatti, sarebbe realizzabile in tempi e modi più efficaci e veloci rispetto alla tanto conclamata Napoli-Bari, apportando peraltro notevoli e maggiori benefici. Si potrebbero realizzare così dopo 50 anni le Opzioni Cascetta. Come infatti ha ricordato il Dott. Mario Pedicini su Realtà Sannita, il 3 agosto ricorrerà il cinquantenario delle famose Opzioni Cascetta, cioè la pubblicazione dello Schema di sviluppo economico della Campania, che prevedeva, come ricordato anche dall’On. Zarro, il collegamento diretto tra i 5 Capoluoghi regionali. Quella che uno studioso dell’epoca, Federico Tortorella, definì l’alternativa policentrica. Ma, come al solito, l’unica direttrice non realizzata riguarda proprio e solo Benevento. [6]

Infine, come si legge nell’ultima relazione speciale della Corte dei Conti europea (n. 19/2018 del 26 giugno 2018), intitolata “La rete ferroviaria ad alta velocità in Europa non è una realtà, bensì un sistema disomogeneo e inefficace”, è improbabile che l’attuale piano a lungo termine dell’UE per le linee ferroviarie ad alta velocità (LAV) venga realizzato. A giudizio della Corte, la rete ferroviaria ad alta velocità dell’UE è solo un sistema disomogeneo di linee nazionali senza un coordinamento adeguato a livello transfrontaliero, progettato e costruito dagli Stati membri in maniera isolata, da cui risultano collegamenti insoddisfacenti. Gli auditor ritengono che, in base ai parametri di riferimento, per essere considerata un successo una LAV dovrebbe trasportare, idealmente, nove milioni di passeggeri all’anno. Inoltre, se si considerasse seriamente la soluzione alternativa di potenziare le linee convenzionali esistenti, si potrebbero risparmiare miliardi di euro. [7]

Al di là dell’enorme e inefficiente utilizzo dei capitali, è poi da considerare che il sistema economico meridionale in genere, e quello beneventano in particolare, è per sua natura “di trasferimento”, cioè produce meno di quello che importa [8].

La soluzione della questione meridionale e di quella beneventana, dunque, passa attraverso il potenziamento della base produttiva e invece una delle nostre più importanti zone redditizie, cioè la Valle Telesina, come già ebbi modo di affermare in un’intervista del novembre 2017, sarà, se non completamente distrutta [8], seriamente danneggiata e in modo irreversibile dalla Napoli-Bari.

Mi auguro vivamente di sbagliare, ma, rebus sic stantibus, saremo ancor più poveri e isolati.

 

[2] L. Ruscello, Benevento provincia interna. Lineamenti economici e ipotesi di sviluppo, Poligrafico Campano, 1974, pp. 64/65: «Il decongestionamento dell’area costiera, quindi, può essere un altro elemento positivo e per operare in tal senso si potrebbe cominciare con lo spostare all’interno tutte quelle attrezzature e attività che non devono risiedere necessariamente nelle prossimità di un porto, nella fattispecie quello di Napoli. … Condizione necessaria, pertanto, è l’ammodernamento tecnico ed il potenziamento delle attuali linee ferroviarie della Provincia e, in particolare, la nazionalizzazione della linea in concessione Benevento-Napoli e trasformazione della stessa in direttissima, sul tracciato Benevento-Cancello-Napoli-Napoli porto. Insomma Benevento potrebbe diventare un “porto ferroviario”, acquisendo così le caratteristiche di importante nodo commerciale tra Lazio-Campania-Molise-Puglia.».

[3] … omissis …

interventi in fase di progettazione sono:

il raddoppio Apice-Orsaraavrà un costo di 1.820 M.€, nella nuova tratta individuata anche per volontà della Regione Campania che ha cambiato in parte indirizzo, in quanto ci si è resi conto dell’impossibilità di realizzare una stazione intermedia in Irpinia e del fatto che con questo nuovo tracciato si riducono notevolmente i costi ed i tempi di percorrenza, vera necessità primaria dell’intervento in questione. (SLIDE PAG. 5 Presentazione allegata)

Disponibile su:

http://www.napolibari.it/content/dam/fs-napoli-bari/documents/salastampa/AV_NAPOLI_BARI.pdf

[4] Per quanto concerne i benefici attesi è possibile leggere sul sito delle Ferrovie dello Stato quali siano (qui si riporta solo il punto 1, per gli altri si rimanda all’indicato link):

  1. Forte riduzione dei tempi di percorrenza: sulle lunghe percorrenze, la nuova linea consentirà di attivare servizi ferroviari veloci diretti tra Napoli e Bari, aumentare l’offerta tra Bari-Roma-Bologna-Milano-Torino e tra Bari –Pescara e Bologna (possibilità di accogliere sulla rete oltre 50 treni in più rispetto ad oggi). Saranno ridotti notevolmente i tempi di viaggio:

– Napoli – Bari:circa 2h (no stop), -1 h e 40 m di differenza rispetto ad oggi;

– Roma – Bari:circa 3h (no stop), -1h di differenza rispetto ad oggi.

«Il sistema economico della Regione è prevalentemente di trasferimenti, cosa significa?

 

A mio modesto parere, non è solo il sistema della Campania o di Benevento ad essere così caratterizzato, ma l’intero Mezzogiorno come la ex Germania Est. Come ho messo in evidenza nel mio libro “La questione meridionale non avrà mai fine”, in parziale disaccordo con chi ne indica l’inizio negli anni Cinquanta del secolo scorso, il fenomeno del “colonialismo attenuato”, come definito da De Viti De Marco, iniziò addirittura nel 1887 quando, con l’applicazione della cosiddetta “tariffa” protezionistica, il Mezzogiorno fu obbligato ad acquistare i prodotti del Nord per i suoi consumi. Da allora, il Mezzogiorno è divenuto subalterno nelle scelte di politica economica e dipendente dall’economia del Nord.

In pratica, quindi, essere un sistema economico di trasferimento significa produrre meno di quanto si importa, cosicché, contrariamente a quello che si pensa, compreso il Direttore Generale della Banca d’Italia, quando si interviene in favore del Mezzogiorno non si tratta di “assistenzialismo”, bensì di “sostenimento”, che poi, in realtà, va ancora a vantaggio delle zone più sviluppate.»

Altro elemento che determina la crescita futura sono gli investimenti in infrastrutture. Le Opere programmate come la Napoli Bari e il raddoppio della Caianello, a suo parere, aiuteranno?

Sono moltissimi anni che sostengo l’inutilità delle infrastrutture in mancanza di un progetto complessivo. Quest’ultimo, altro non dovrebbe essere che la realizzazione del cosiddetto “capitalismo coalizionale”, cioè l’alleanza delle forze produttive locali per fare, come si dice, massa critica. Nel merito delle singole opere, poi, se il raddoppio della Caianello è divenuto ormai vitale, anche per la sua quasi impossibile percorribilità, non altrettanto si può dire per la Napoli-Bari. In un’ottica meridionalistica, avrei preferito che i soldi previsti per la sua realizzazione fossero spesi in modalità diverse. La prima obiezione che pongo, infatti, riguarda il percorso perché, ove lo si guardi in cartina, si nota agevolmente che ha una forma sinusoidale, andando prima in alto per attraversare la valle telesina, poi in basso per la realizzazione della stazione Irpinia e risalire, infine per giungere a Montaguto.

Sempre dal mio opinabile punto di vista, sarebbe bastato rimodernare il percorso già esistente. Anzi, avrei potenziato la Napoli-Cancello-Benevento e non avrei previsto una deviazione che comporterà seri danni al potenziale produttivo agricolo provinciale, segnatamente nella Valle Telesina, peggiorando così lo status di economia di trasferimento. Vi è poi un ulteriore elemento da considerare nell’ottica meridionalistica e cioè che la costruzione ex novo della linea Apice-Orsara, costerà una cifra enorme, pari a circa 2,7 miliardi di euro. Queste risorse dunque, sempre dal mio opinabile punto di vista, le avrei dirottate verso il porto di Gioia Tauro per farlo rientrare nel piano della cosiddetta “Via della seta”. Per non parlare di quanto sostenuto recentemente da Marco Ponti sulla quasi inutilità degli investimenti nelle ferrovie. Ma, francamente, lo ritengo un po’ eccessivo.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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