INAUGURAZIONE RESTAURO OPERA MONUMENTALE DEL M° ANTONIO DEL DONNO A MORCONE

INAUGURAZIONE RESTAURO OPERA MONUMENTALE DEL M° ANTONIO DEL DONNO A MORCONE
Di seguito un contributo di Azzurra Immediato, storica e critica d’arte legata da un forte legame alla famiglia Del Donno.
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Il ‘restauro’ d’arte non è soltanto una quaestio di natura tecnica, è un accadimento, in primis, di matrice concettuale e filosofica, poiché ricuce quegli strappi del tempo segnanti la vita stessa di un itinerario avviato da un artista per divenire parte integrante dello sguardo quotidiano d’altri. Il restauro, invero, produce una investitura che non altera l’identità o il ruolo dell’opera, bensì ne avvalora la relazione tra luogo, spazio e comunità. Ed è così che, oggi, grazie all’Amministrazione Comunale e al Sindaco Luigi Ciarlo, il Parco Tommaso Lombardi di Morcone, già Villa Comunale, ritrova nella restaurata opera di Antonio Del Donno, afferente a quel Percorso delle acque che ha sempre funto da cammino nella natura distinto dall’arte, il segno di un trascorrere non immutabile bensì foriero di istanti che accompagnano generazioni in divenire.
L’opera di Antonio Del Donno, cui mi legavano una parentela familiare ed un affetto incommensurabile, torna a raccontare ciò che, nella sua ricerca, Egli aveva allogato alla forza degli elementi quali simboli di decostruzione del dato reale al fine di un ritrovamento di dettagli ed elementi in grado di agguantare, dall’ignoto o da un passato ancestrale in noi radicato – e spesso obliato – la narrazione di quell’essenza esistenziale che, da sempre, gli artisti sanno profeticamente, mostrare. In tal modo, l’opera donata al Comune di Morcone nei primi Anni Novanta, tradottasi in ‘fontana’, definiva e definisce una dimensione le cui tracce sono da innervare in una resistenza della materia e della forma che, nella leggiadria dell’una e nella progressione dell’altra, attuano – ancora una volta, oggi – ciò che appare come la scenografia di un sogno: Antonio Del Donno aveva la capacità, ben evidente nell’opera divenuta morconese, di fondere logos e techné tramite il tourbillon della materia, nella sua insistenza ontologica, per retaggio e ritorno immaginifico.
‘L’arte è quel che ci resta per capire come va il mondo, senza l’arte sarebbe impossibile capirlo’ era solito ripetermi quando ci vedevamo e ogni suo lavoro – pittorico, fotografico, scultoreo – si è trasformato in poesia visiva, nel solco della quale la volontà di comprendere le dinamiche del nostro vivere, del nostro sentire, sono traslate in ricostruzioni allegoriche di un pensiero precipuo: ‘io ho questo da dire sul mondo e sulla vita, ciò che ho sentito, ciò che ho provato ed ecco, lo racconto nelle mie opere’.
Antonio Del Donno, nonostante la sua importante formazione e i traguardi raggiunti nella sua carriera, figlia del grande Novecento italiano, è sempre stato disinteressato alla fama, ai clamori, alla spettacolarizzazione della sua arte. Ogni sua innata intuizione, lo sguardo principe che ha guidato la sua visione, sperimentalista tout court, hanno raggiunto apici di rara sapienza e liricità, tanto da stupire ancora ed ogni volta, proprio come accade con l’opera oggi tornata non ad originario splendore, quanto a nuova vita, ove ottone e acciaio, poeticamente aggregati per differenza, offrono alla circolarità e alla geometrizzazione della traccia, il quid tangibile e riconoscibile della commistione tra elementi quali acqua e luce, nella gemmazione di una cosmogonia che è sogno nel reale, in un momento in cui l’acqua è bene prezioso e s’accomuna all’arte, vox intrinseca dell’umano sapere.
Zio Antonio Del Donno, permettetemi l’afflato familiare, era, infine, solito dire che quello interno all’arte fosse ‘l’unico dialogo che esiste. Le parole servono solo a compromettere ed alterare l’essenziale’ pertanto, è inutile dilungarsi, oggi è un giorno di rinnovata speranza, di ritorno all’arte, di ritrovamento di quell’essenziale che, pur nell’astrazione della forma sa incontrare, in ognuno di noi, l’impronta impressa nel profondo dall’intelligenza emotiva, la forza che solo l’opera di un maestro sa indicare ed è fertile traccia per una futuribile memoria, poiché il mondo è fatto della stessa materia dell’arte.”

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