Aceto rinuncia alla carica di Consigliere provinciale di Benevento.

Con una nota indirizzata al presidente della Provincia, Claudio Ricci, al segretario generale, Franco Nardone, e ai consiglieri provinciali, ho comunicato la mia volontà di non rientrare nella carica di Consigliere provinciale, come anticipato per le vie brevi allo stesso presidente. In tal modo il consiglio potrà prenderne atto senza procedere alla prevista surroga. Sulle Province si è consumato uno dei percorsi più problematici della recente storia istituzionale. A fronte della oggettiva necessità di avere enti di area vasta, infatti, si è voluto testardamente procedere allo svuotamento sostanziale, e poi all’abrogazione costituzionale, di tali enti. Il percorso politico-istituzionale che si è sviluppato tra il dicembre 2011 (approvazione decreto Salva Italia ad opera del governo Monti) e l’aprile del 2014 (approvazione della Legge Del Rio ad opera del Governo Renzi) mostra tutta la contraddittorietà e la vocazione propagandistica di un Legislatore – e di un Esecutivo – che appare più preoccupato di mostrarsi operante che degli effetti concreti della propria produzione normativa. È dal 2009 che il bilancio delle Province subisce tagli lineari e costanti, avendo perduto circa il 75% dei trasferimenti statali. Le Province sono di fatto chiuse, indipendentemente dall’esito dell’imminente referendum costituzionale, che ne prevede espressamente l’abrogazione. La mobilità dei dipendenti verso Comuni e Regioni, già attuata, conferma e certifica il processo. In questi anni, tuttavia, permanevano le esigenze basilari cui una volta le Province facevano fronte, chi bene e chi male. La manutenzione delle strade e delle scuole superiori, la pianificazione territoriale, le tematiche ambientali. A tal proposito, ricordo qui che nel 2013, con delibera di Giunta, la Provincia di Benevento provò a inaugurare un percorso di innovazione istituzionale per la manutenzione dei corpi idrici superficiali attraverso la proposta di project financing presentata da operatori privati. L’inconsistenza politica delle morenti Province ha di fatto bloccato quell’iter, che solo recentemente ha ricevuto attenzione dalla nuova Regione Campania. Alcuni degli attori che hanno ripreso pubblicamente quella proposta (soprattutto dopo l’alluvione dell’ottobre 2015) hanno purtroppo dimenticato di sottolineare il ruolo della Provincia di Benevento, che invece spero possa essere rivendicato quale esempio di buona prassi. Le bizantine regole circa la composizione dei Consigli provinciali, inoltre, sottopongono questi organi a continui stravolgimenti, che ne sviliscono dignità e operatività. Mi sembrerebbe oltremodo insensato aggiungere caos all’intrico istituzionale, visto che tra pochi mesi o l’Ente sarà soppresso o il Consiglio dovrà essere rinnovato. In queste condizioni, la mia comprensione va a quanti, sia la parte politica che quella amministrativa, cercano ancora oggi di mantenere un livello minimo di gestione ordinaria, dovendo farlo senza risorse e senza personale. Con ulteriore paradosso di finire, spesso, nel mirino di cittadini e amministratori che addossano alla Provincia responsabilità cui proprio non può far fronte. Questa miopia, unita a profonda ipocrisia, è stata alimentata dai massimi rappresentanti politici del Paese, che hanno fatto passare la chiusura delle Province come un provvedimento contro i costi della politica, per il taglio delle poltrone, per la chimerica efficientizzazione del sistema. Sono le stesse argomentazioni che s’odono echeggiare a sostegno del sì al referendum. Io condivido la necessità di cambiare strutturalmente il Paese. Proprio per questo voterò no: ritengo che il pasticcio combinato a danno delle Province (cioè dei cittadini e dei territori) sia solo una pallida anticipazione di ciò che accadrebbe se vincesse il sì, non esclusa la confusione permanente tra i molteplici iter normativi, a dispetto delle propagandata semplificazione. Penso inoltre che diverse siano le riforme da attuare, con diverse politiche sul lavoro e sul welfare, diverso approccio con l’Unione Europea, diverse linee strategiche per il Sud e l’economia. Condivido alcuni punti delle modifiche costituzionali, ma ritengo prevalenti gli elementi negativi e potenzialmente dannosi. In ogni caso, avrei preferito poter votare anche la modifica dell’articolo 81 della Costituzione, come riscritto nell’aprile del 2012. Parlo del fiscal compact, una delle più gravi disfatte politiche e culturali che il nostro Paese abbia mai registrato nei confronti dell’Europa delle banche e della finanza. A dispetto del bicameralismo, quella modifica fu definitivamente approvata in tempi record (dicembre di quello stesso anno). È anche per evitare di animare, in questa fase già confusa, una ulteriore dialettica politica e istituzionale, che ho deciso di permanere fuori dal Consiglio provinciale. Rinnovo a voi, al Consiglio e al personale tutto i miei auguri di buon proseguimento di lavoro.

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