Caporalato: commissariata All System, vigila anche su Palazzo giustizia Milano (2)

(Adnkronos) – L’indagine, che ha visto protagonista personale del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Como, ha raccolto plurime dichiarazioni, molte dello stesso tenore: “la paga oraria consisteva in 5 euro lordi mentre le ore di straordinario mi venivano corrisposte in base alle condizioni del contratto nazionale collettivo. A fronte di circa 160 ore lavorative mensili percepivo mediamente uno stipendio netto di circa 830 euro”. Un dipendente aggiunge: “Ho dovuto lavorare in queste condizioni, percependo una retribuzione così bassa in quando avevo la necessità di dover provvedere al mantenimento della mia famiglie e non riuscivo a trovare un ulteriore impiego. I turni di lavoro venivano eseguiti, da solo e senza soluzione di continuità dalle ore 07.30 alle ore 20 e non era prevista la pausa per la consumazione del pasto. Non potevo allontanarmi dalla sede di servizio e pertanto portavo il cibo da casa e lo consumavo sul posto appena possibile”.

E c’è anche chi racconta di minacce e pressioni. “E’ capitato di subire pressioni, in relazione all’allungamento dei turni di lavoro oltre all’orario contrattualmente previsto. In tali circostanze il personale della sala servizi esercitava nei miei confronti insistenti pressioni per farmi permanere, dicendomi che non avevano altre persone per sostituirmi e che se mi fossi allontanata arbitrariamente nonostante fossi giunta alla fine del turno, sarei stata fatta oggetto di pesanti sanzioni disciplinari, compreso il licenziamento”. Un altro dipendente racconta: “In qualche caso in cui mi sono rifiutato di effettuare prestazioni di lavoro straordinario in giorni festivi, mi ha apertamente minacciato di licenziarmi ovvero trasferirmi in altre postazioni operative a me non gradite”.

Le dichiarazioni riportate nel decreto, spiega il pm “danno atto di una situazione di vero e proprio sfruttamento lavorativo, perpetrato da anni al danni di numerosissimi lavoratori, che percepiscono retribuzioni ‘sproporzionate rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato perpetrato’, situazione di illegalità che è indispensabile far cessare al più presto, considerando anche che coinvolge un numero rilevante di lavoratori che vivono con retribuzioni sotto la soglia di povertà” e costituiscono una forma di “concorrenza sleale” nei confronti di altre imprese del settore.

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