Il Tar: Pepe nomini una donna Ma la giunta resta un «giunto»

Lo stesso elenco lo si potrebbe fare per i quarantuno scranni del Consiglio comunale. Tutti uomini. Benevento è un’amministrazione che più blu non si può. Ma mentre per l’assemblea elettiva nulla si può fare, l’esecutivo, di nomina del sindaco, dovrebbe, in teoria e costituzionalmente, garantire la parità di genere. E qui si apre un capitolo davvero triste per la politica e i partiti di maggioranza. Esiste una sentenza del Tar che obbliga il sindaco, Fausto Pepe (ex Udeur, ora Pd), a nominare almeno un’assessora. Non solo, sono scaduti i canonici 30 giorni previsti. Ebbene Pepe ha nominato una donna? Neanche per sogno. Attualmente è in vacanza, all’estero, ed è irreperibile. Chiariamoci, l’amministrazione sannita, in scadenza, è partita zoppa. Sindaco e partiti di maggioranza (Pd, Idv e liste civiche collegate) non hanno mai sentito l’esigenza di una presenza femminile nell’esecutivo. A marzo, però, due beneventane, Annamaria Mollica e Anna Giancaspro, dinanzi all’ennesimo rimpasto al maschile hanno presentato ricorso presso il Tribunale amministrativo. Ricorso accolto e motivato. Dai giudici della prima sezione del Tar Campania la difesa del sindaco di Benevento è definita con due sole parole: «laconico riferimento».

Pepe ha motivato l’assenza di donne in giunta, infatti, con un problema «di assetto degli equilibri politici». Cosa sono gli equilibri politici? Par di capire, dalle carte, che in periodo preelettorale la coalizione avesse deciso di pescare gli assessori tra i consiglieri eletti. La conseguenza logica è stata: nessuna consigliera, nessuna assessora. Only for men, come sui vespasiani. Sempre nel provvedimento del Tar si legge: «A seguito di specifica consultazione, i partiti di maggioranza non avevano proposto alcun nominativo di donne come possibile assessore esterno». Complimenti a Pd, Idv e liste civiche. Non c’è una, ma una sola donna di centrosinistra a Benevento che abbia le capacità di amministrare? Non si capisce se sia più assurdo o più offensivo. «Indubbiamente offensivo » . Erminia Mazzoni, europarlamentare Pdl, da 134 mila preferenze, ne ha fatto una battaglia personale, da sannita. «Non ne faccio una questione di bandiera — prosegue —. Ho criticato anche la scelta di Caldoro di nominare una sola donna in Regione. C’è un problema di integrazione all’interno dei partiti, di tutti i partiti, compreso il mio. Campagne elettorali con le preferenze necessitano di squadre alle spalle. Quando si dice le donne non vengono elette, si dice un falso. I partiti preferiscono quelli che in gergo vengono chiamati riempitivi di lista e non le donne che fanno realmente politica sul territorio. È ovvio che poi non vengano elette».

E conclude: «La questione è trasversale, il mio è un appello alle donne di sinistra perché si muovano, sono anni che mi sgolo, la battaglia deve essere comune». Già le donne democratiche, dove sono? «Questa delle giunte maschili è una bella abitudine di Benevento— spiega la senatrice Pd, Annamaria Carloni —. Con Emily facemmo una battaglia contro la giunta provinciale Nardone. Per fortuna esistono sentenze come questa. Ma, per la politica, non ci sono parole. Ancora oggi per qualcuno sembra scontato che si possa governare con soli uomini. È unmaschilismo che nulla c’entra con gli equilibri dei partiti». Le fa eco la collega di banchi Teresa Armato: «Ne parleremo domani durante la direzione regionale del Pd. Ma, questo, accade perché la questione femminile attraversa diversi momenti. In questo momento siamo meno forti. Ma al di là della sensibilità, qui si tratta di rispettare la Costituzione e gli statuti comunali». Per il Tar, Fausto Pepe avrebbe dovuto già nominare al posto dell’assessore Giovanni D’Aronzo (il casus belli da cui è partito il ricorso) una donna. È fuori tempo massimo e fuori sede. «Resiste — termina la Mazzoni —. È sconcertante e dequalificante. Il sindaco del comune siciliano di Favara, dopo il pronunciamento del Tar sulla mancata presenza di donne in giunta, ha dichiarato di provvedere subito alla nomina. E Benevento non lo fa?». Viene da chiedersi un’ultima cosa: se un Paese ha ancora bisogno di leggi, statuti e regolamenti, nonché di sentenze per rispettare un principio ovvio, naturale, siamo proprio sicuri che sia il miglior Paese possibile?

CORRIERE DEL MEZZOGIORNO 26 Luglio 2010
Simona Brandolini

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