L’affaire “Mancini” tra Palazzo e Tribunale: per un’ecologia della politica.

Dopo il cataclisma elettorale, il giudizio politico senza appello che i cittadini beneventani hanno decretato tra il 5 e il 19 giugno, arriva un altro duro colpo alle strutture costruitesi nel decennio pepiano. Il clamoroso arresto di Angelo Mancini, dirigente del Comune di Benevento, fatta salva la presunzione d’innocenza, apre una questione che è politica prima che giudiziaria, essendo l’arrestato non solo politico lui stesso di lungo corso (enfant prodige, diviene assessore alla Provincia negli anni Novanta) ma uomo di fiducia dell’oramai ex Sindaco Fausto Pepe (anche lui “covata” mastelliana), che ha sfidato la Corte dei Conti per imporlo al Comune, dove è entrato in pianta stabile con un contestatissimo concorso che ha riempito le cronache dei giornali.
Vediamo prima l’aspetto giudiziario. Il procedimento denominato “Euroscopio” vede coinvolto Angelo Mancini, con altri 9 indagati. È emerso, secondo gli inquirenti, che in cambio di tangenti sarebbero state favorite alcune imprese per l’aggiudicazione delle gare di appalto relative al periodo 2011-2013, del valore tra i 600.000,00 e i 5 milioni di euro, per cui chiediamo al neo sindaco Clemente Mastella se ha intenzione o meno di costituirsi parte civile nell’instaurando giudizio. Ciò si rende necessario non solo per la tutela di immagine del nostro comune, quanto per l’ingente danno in termini economici che questi fatti delittuosi riversano sui conti del comune, già fortemente compromessi. Infatti, l’OLAF che è l’organismo che si occupa di indagare su tutta una serie di illeciti, tra cui l’utilizzo irregolare/fraudolento di fondi dell’UE, fa presente, in un suo rapporto, che gli Stati Membri, gestendo l’80% dei fondi europei, sono direttamente responsabili dell’utilizzo di tali fondi e sono chiamati a indagare e perseguire casi di corruzione e frode ai danni del bilancio dell’Unione, nonché responsabili del recupero delle somme frodate. Inoltre, gli importi frodati e non recuperati sono a carico del singolo Stato che non ha effettuato il recupero e, nel caso dei Fondi Strutturali (FESR-FSE) quali sono quelli previsti dal piano “Più Europa” (vedasi D.G.R. n. 282 del 15.02.2008: Approvazione Linee Guida Più Europa) in fase di certificazione della spesa, la Commissione decurta dalla dichiarazione di spesa da rimborsare all’Autorità di Gestione, l’importo che ha indebitamente pagato, passando loro l’onere del recupero, secondo regole amministrative e giudiziarie nazionali.
Veniamo ora all’aspetto politico, che non ha certo bisogno di attendere i lunghi tempi della giustizia italiana per essere valutato. Ebbene, il progetto “Più Europa” è stato fallimentare nelle modalità di gestione, nei tempi e nei risultati. Ha rappresentato il modello paradigmatico di un modo di gestire la cosa pubblica opaco, senza alcuna partecipazione attiva dei cittadini, mai coordinato con i bisogni reali (ad esempio dei commercianti del Rione Ferrovia). Il disastro elettorale di Fausto Pepe e dei suoi uomini più fidati dà la misura dello scollamento creatosi in questi anni fra istituzioni e popolo. È necessario che quanto accaduto non si ripeta. Ricordiamo, per altro, che è ancora in corso il processo “Mani sulla città”, che vede coinvolti direttamente Pepe e alcuni imprenditori edili agli arresti domiciliari da ieri.
Se errare è umano, perseverare è, in questo caso non solo diabolico ma inequivocabile segno di coscienza e volontà nel compiere atti illeciti. Appare quanto mai doveroso elaborare nuovi strumenti di controllo sulle procedure adottate dal Comune negli appalti. Il M5S propone l’approvazione di un nuovo regolamento, redatto da una commissione ad hoc, che integri il Codice unico degli appalti (ultimamente modificato dal D. lgs 50/2016), alla luce di quanto emerso da “Mani sulla città” e in queste ore. Soprattutto proponiamo che si normi e si dia vita ad una convenzione con la Guardia di Finanza, al fine di attuare un reale e più ampio controllo, sia sulle procedure adottate dagli organi Comunali che sui soggetti partecipanti alle singole gare d’appalto.
È altresì auspicabile attivare presso il Comune un ufficio, che dovrebbe dipendere direttamente dal Segretario Generale, preposto all’espletamento di tutte le gare d’appalto e dei contrati, non solo quelle relative alle opere pubbliche. In ogni caso il Comune può approvare una delibera di indirizzo, se non proprio un Regolamento interno, con cui si dettino i contenuti generali dei bandi di gara per le opere pubbliche in funzione delle esigenze economiche dell’ente e delle esigenze tecnico-territoriali.
La “questione morale”, che ha attraversato tutto il decennio alle spalle, purtroppo, non si risolve con le pie intenzioni ma con la creazione di strumenti di controllo più efficaci. Questa è la prima grande questione su cui sfidiamo la giunta Mastella, che proprio oggi si insedierà.
Marianna Farese – Nicola Sguera
Movimento 5 Stelle – Benevento

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