UN ANNO SENZA CIRO VIGORITO

Dodici mesi, dodici lunghi mesi da quel 26 ottobre. Era un apparente martedì come gli altri, ma poi a mezzogiorno la notizia della scomparsa di Ciro Vigorito sconvolse la giornata del popolo beneventano e di quanti gli volevano bene, nonostante tutti fossero a conoscenza delle sue gravi condizioni di salute: da quel giorno un senso di vuoto e di smarrimento ha pervaso l’anima di ogni persona vicina alla famiglia Vigorito e al Benevento Calcio. Da quel giorno, anche suo fratello Oreste non è stato più lo stesso: "Con lui se ne va una parte di me" queste furono le sue toccanti parole. Oggi come allora, parlarne usando l’imperfetto fa uno strano effetto e ogni volta che ci pensi, ti viene voglia di sporgere reclamo contro il destino che ci ha privato troppo presto di una persona che era un paradigma per eleganza, determinazione e saggezza. Uomo di una generosità inarrivabile, temprato da profonda umanità: chi ha avuto l’onore di conoscerlo, ha potuto certamente rendersi conto che Ciro era sempre pronto a dare sostegno a quanti ne avessero bisogno, senza risparmiarsi mai. La sua resta una figura insostituibile: per lui, il Benevento non era un passatempo, ma una cosa seria, in cui metteva cuore e passione. Si è innamorato di questa città e di questi colori e ha trasmesso il suo amore ad Oreste grazie a un rapporto fatto di una complicità straordinaria, agendo in piena simbiosi in ogni occasione. Ed è grazie alla sua caparbietà, alla cura del particolare, al rispetto mostrato a ogni suo interlocutore che il Benevento è una delle società più apprezzate del panorama calcistico nazionale, come prima squadra, ma anche per quanto concerne il settore giovanile: seppur da lontano, sarà sicuramente fiero di vedere i vari Vacca, De Risio, Baican, Falzarano essere dei punti fermi dell’organico di Simonelli. Non amava le luci della ribalta, ma preferiva uscire allo scoperto nei momenti più difficili, esponendosi in prima persona. Ora, Oreste ne ha preso le redini, ma il vuoto c’è e continuerà ad esserci, nello sport come nella vita di tutti i giorni: è questione di sentimenti e nulla più. Un sentimento che il destino ha voluto portarci via. Totò la chiamava la “livella”, quella che rende tutti uguali nella vita ultraterrena; ma no, lui no… anche lì, tra nuvole e cielo, sarà sempre un’anima speciale.

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