Zarro (PD): Si alla regione dei due Principati

Qualche giorno fa, si ricorderà, politici di Avellino, Benevento e Salerno hanno approfondito due relazioni sul tema, elaborate dai professori Del Prete e Barra. Questa la riflessione di Giovanni Zarro. Quali i punti in discussione? «Innanzitutto il quadro storico geografico. La Regione Campania è territorialmente omogenea per meno del 20%; è geograficamente e storicamente composita. La stessa denominazione "Campania" è passata ad indicare l’attuale regione solo dopo l’unità d’Italia; ha identificato, per due millenni, l’hinterland napoletano e Terra di lavoro. Il Sannio è altro. È una vasta regione montuosa dell’Appennino Centromeridionale». Quale è la Campania, allora? «A parte i confini, è assai difficile individuare uno specifico, territoriale ed ambientale, che ne giustifichi geograficamente, storicamente ed economicamente il dato istituzionale. Il clima, le precipitazioni, la montuosità, la distribuzione della popolazione, le attività produttive, assumono connotati così differenziati e così contrastanti da spingere a parlare più di "Campanie" che di "Campania". Il territorio è segnato dall’esistenza di numerose aree sub-regionali, oltre che dalla metropoli di Napoli. Questa circostanza è causa di forti tendenze centrifughe (il Cilento-Vallo di Diano verso la Lucania, il Sannio attuale e l’Arianese verso il Molise). Ma c’è dell’altro». Cosa? «In una Regione così eterogenea, si pone la "Questione Sannio" da una parte e il modello di sviluppo regionale, dall’altra. Il Sannio ha una sua, evidente, identità fisica, storica, geografica. È un territorio centrale tra due aree metropolitane: Caserta, Napoli, da un lato e Bari dall’altro; presenta una omogeneità di caratteri ambientali ed economico-sociali; si articola lungo la dorsale appenninica Isernia-Campobasso-Benevento-Avellino-Potenza. Questa area non è autonoma; non è titolare di un suo meccanismo di sviluppo; non beneficia di una politica di riequilibrio territoriale, di cui si senta parte». Quali i caratteri del modello di sviluppo campano? «È un "modello concavo", come dicono i tecnici. Le città di Benevento, Avellino, Salerno sono disposte a raggiera intorno a Napoli. È tutto rivolto verso l’area napoletana. Non persegue, nei fatti, obbiettivi di riequilibrio economico territoriale. È Napoli che guarda il suo ombelico. È Napoli che si compiace del suo "napolicentrismo". E non va bene». Quale modello di sviluppo vorrebbero le zone interne? «Gli interessi delle zone interne sono altri. Avellino, Benevento e Salerno hanno interesse a ridisegnare l’intera armatura urbana delle aree interne; hanno interesse a superare la configurazione, a raggiera intorno a Napoli e ad affermare l’impianto a rete, lungo la dorsale appenninica, con ancoraggi anche extraregionali (Molise, e Puglie: Tavoliere, Melfese)». Le prospettive di Benevento si svolgono su uno spartito diverso da quello di Napoli? «È naturale, lo dice la geografia ma anche lo sviluppo fin qui storicizzato. Le aree di frontiera della conurbazione metropolitana Avellino, Benevento, l’intero Sannio, sono interessate all’aggancio all’asse della dorsale Appenninica, il solo che può assicurare loro un autonomo meccanismo di sviluppo e di sfuggire alla "fagocitazione" dell’area napoletana». Da qui la nuova Regione? «Prima, va detto che l’altra gamba dello sviluppo delle nostre zone è il costruire un legamento virtuoso tra la nostra economia e quella delle zone costiere. La costruzione di questo "legamento" deve avvenire nel rispetto della natura, della storia e delle vocazioni ambientali. Oggi si assiste, viceversa, alla fagocitazione del Sannio. La Campania, oggi, per il Sannio storico, non è una prospettiva di sviluppo. È una camicia di Nesso». Chiedete la nuova Regione? «Sì, chiediamo la Regione dei Due Principati. Per affermare una nostra via di sviluppo seguendo la storia, la geografia economica. La chiediamo non contro Napoli ma insieme a Napoli per fare crescere il nostro territorio, per fare crescere il Mezzogiorno».

IL MATTINA del 2 Febbraio 2011

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