La linea del premier: toni bassi, no a rotture e alle «trappole» leghiste

Era il segnale che, pur nella confusione totale del quadro politico, non tutto è perduto. Che non sono le «elezioni a novembre», come evocato da Bossi, l’unico scenario possibile per risolvere una delle crisi più al buio degli ultimi decenni. Sì, perché è stata proprio l’ennesima uscita del Senatùr a favore del voto immediato – rinnovata dopo un incontro con Calderoli e Tremonti – a insospettire e mettere in allarme i due principali contendenti e i loro eserciti, ovvero i berlusconiani e i finiani.
«Se Bossi insiste tanto sulle elezioni, è perché oggi farebbe il pieno, non solo al Nord, ma anche in Emilia e in Toscana, dove ci risulta che potrebbe sfondare», è stato il ragionamento di Berlusconi con i suoi fedelissimi. E lo scenario di un Senatùr che ha ben più che la golden share di una futura coalizione a trazione nordista, senza nemmeno la certezza di conquistare, assieme a quella della Camera, la maggioranza al Senato, non rende affatto tranquillo il Cavaliere. «Il voto ora non è certo la nostra prima opzione – dicono i suoi – non in questa condizione: dobbiamo provare a continuare a governare».
Per questo, ieri sera, dopo una giornata di febbrili consultazioni e dopo la nota di dissociazione da FareFuturoweb, tutta volta a rassicurare che non c’è volontà di rottura a prescindere, Berlusconi si è convinto che bisogna frenare la corsa verso il possibile baratro, e procedere con più cautela e raziocinio se non si vuole finire in quella che alcuni dei suoi già definiscono «la trappola di Bossi».
Dunque, al vertice di oggi, l’intenzione è di accantonare toni guerreschi e provare a prendere tempo e a ragionare, anche e soprattutto facendo calcoli e ipotesi sui numeri in Parlamento sui quali si può davvero contare: unica cartina di tornasole reale per capire se si può andare avanti o se la rottura è inevitabile. Raccontano allora che la linea sarebbe quella di preparare un «documento politico» in quattro punti – giustizia, federalismo, Sud e fisco – illustrando i contenuti dei singoli capitoli a grandi linee. Ma a specificare che cosa ci sarà davvero dentro – quali provvedimenti, in che forma, in quale articolato – dovrebbero provvedere «i gruppi parlamentari», nei tempi che ci vorranno. Tempi non infiniti, ma nemmeno rapidissimi, proprio per evitare che un possibile incidente porti dritti a quel voto a novembre che Bossi cerca. Si parla dunque di fine settembre perché il documento approdi in Aula: un tempo sufficiente per capire se la maggioranza può ricompattarsi, magari con un’apertura al gruppo dei finiani se non al loro leader, con il quale i rapporti restano inesistenti, o se davvero si andrà al voto. Ma arrivandoci preparati, non sulla scia delle parole d’ordine di Bossi.

Paola Di Caro

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