Nicola Sguera sul divieto di ciclabili lungo Corso Garibaldi

Uso la bicicletta in città da circa un decennio. In un articolo del 2008 scrivevo: « La bici deve essere reintegrata nella vita quotidiana. Senza fondamentalismi, garantendo cioè alle persone anziane o ai disabili ottimi servizi pubblici o l’uso della macchina (e non occupando in maniera incivile i posti loro riservati, pessima pratica beneventana). Bisogna andare verso l’integrazione, la complessità. Non esistono, infatti, soluzioni uniche a problemi complessi».
La decisione di chiudere il Corso (a proposito: zona pedonale o zona a traffico limitato?), dunque, è sbagliata sicuramente nel modo, dal nostro punto di vista anche nel contenuto. Sicuramente elude la sfida della complessità con una soluzione riduzionista e regressiva.
Nel modo perché è stata presa evidentemente in maniera “emotiva” e non ragionata, per altro contraddicendo palesemente quanto scritto nel “Programma” presentato dall’allora candidato Sindaco, che, a p. 11, recitava: «La città dovrà essere interamente percorribile attraverso un sistema di viabilità ciclopedonale».
C’è stata un’immediata e doverosa reazione di tutti quei cittadini che, oramai da anni, utilizzano la bicicletta come mezzo ecologico e salutare di trasporto, per altro contribuendo, almeno in parte, a ridurre quel voluminoso carico di polveri sottili che è uno dei problemi più gravi e sottovalutati della città.
Gli interventi della Fiab, di Nunzio Aquino e di Alessio Fragnito, fra gli altri, hanno consentito di spiegare quanto la decisione appaia irrazionale e in stridente contraddizione con le indicazioni europee in materia.
Il divieto di transito da poco introdotto è una deroga sbagliata perché mette insieme i “buoni” e i “cattivi” senza risolvere il problema alla radice. Servono i controlli nei confronti di tutti, anche delle auto che transitano senza permesso e dei veicoli dei vigili, delle forze dell’ordine, dei politici, dei posteggiatori abusivi et cetera.
Per questo motivo non solo aderirò a tutte le manifestazioni di civile protesta contro una decisione sbagliata, ma ho chiesto al Presidente del Consiglio del Comune di Benevento che, nella prossima assise, la questione venga discussa, per trovare una soluzione non meramente repressiva in modo da fare un passo in avanti nella direzione delle città europee attraverso strumenti e modalità che tutelino i pedoni, come doveroso, ma che consentano, finalmente, anche ai ciclisti di poter circolare sicuri per l’intera città, come scritto nel programma di Mastella. Su questioni di tale delicatezza appare doveroso che il Consiglio, «massima espressione democratica della città» (art. 9 dello Statuto) venga almeno ascoltato, facendosi carico del disagio proveniente da una parte non indifferente della società civile.
Al Sindaco, intanto, consiglio vivamente la lettura di un aureo libriccino intitolato in italiano “Elogio della bicicletta” (in inglese: “Energia ed equità”). Lo pubblicò nel 1973 un grande pensatore, Ivan Illich. Vi si trova il disegno di un’utopia concreta che sarebbe possibile realizzare anche a Benevento: «Le biciclette permettono di spostarsi più velocemente senza assorbire quantità significative di spazio, energia o tempo scarseggianti. Si può impiegare meno tempo a chilometro e tuttavia percorrere più chilometri ogni anno. Si possono godere i vantaggi delle conquiste tecnologiche senza porre indebite ipoteche sopra gli orari, l’energia e lo spazio altrui. Si diventa padroni dei propri movimenti senza impedire quelli dei propri simili. Si tratta d’uno strumento che crea soltanto domande che è in grado di soddisfare. Ogni incremento di velocità dei veicoli a motore determina nuove esigenze di spazio e di tempo: l’uso della bicicletta ha invece in sé i propri limiti. Essa permette alla gente di creare un nuovo rapporto tra il proprio spazio e il proprio tempo, tra il proprio territorio e le pulsazioni del proprio essere, senza distruggere l’equilibrio ereditario».

Nicola Sguera
M5S – BN

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