**Pd: costi e benefici delle primarie, il risvolto economico dei gazebo**

Roma, 24 (Adnkronos) – Sicuramente una festa per la democrazia. Certamente uno sforzo organizzativo notevole, a tratti unico. Di certo un impegno economico rilevante e, forse, una forma alternativa di finanziamento della politica. Perchè le primarie hanno anche un risvolto economico. Non così scontato. I gazebo potrebbero essere facilmente liquidati come un business, un modo per portare qualche euro in più nelle asfittiche casse dei partiti. Ma hanno anche dei costi che rendono sempre complesso individuare il saldo dell’operazione primarie.

Di per se la questione sarebbe semplice. Da giorni si parla della dell’affluenza per il voto di domenica prossima. La soglia per parlare di un successo viene ormai fissata a un milione di partecipanti. Ogni votante, secondo regolamento, versa 2 euro (tranne gli iscritti). Quindi, almeno 2mln di euro di ‘incasso’ per i dem. Numeri tutti da verificare perchè chi partecipa potrebbe offrire anche di più. Per non parlare del fatto se ci fosse un boom di votanti crescerebbero anche gli incassi.

In assenza di dati ufficiali (non esiste un bilancio delle primarie), che scarseggiano sempre un pò, si può fare riferimento a qualche esperienza del passato per mettere a fuoco il fenomeno. Nel 2013, l’avvio dell’era Renzi, l’allora tesoriere Francesco Bonifazi parlò di un ‘incasso’ di circa 4,6 milioni di euro. Un altro dato è quello dei gazebo del centrosinistra del 2012 (la sfida Bersani-Renzi). L’allora tesoriere Antonio Misiani parlò di una “stima realistica di 8 milioni” versati.

(Adnkronos) – Si parla di un altro ordine di grandezza perchè allora ci fu un doppio turno, con affluenza intorno ai 3mln per ogni volta. Ma le primarie non hanno solo il segno + davanti. I gazebo hanno un costo, benchè la macchina organizzativa conti sempre su un numero rilevante di volontari (20mila in campo domenica distribuiti nei 5.500 seggi). Tornando ancora alle primarie di Renzi, il costo fu di circa 1 milione di euro. Sempre Bonifazi sottolineò che i ‘paganti’ furono 2mln 300mila su 2mln 800 votanti assoluti.

I costi per le primarie del centrosinistra del 2012 furono di circa 1,5mln ma “il dato non tiene conto dell’attività locali”, sottolineò il tesoriere. In quel caso, poi, costi e benefici andavano ‘spalmati’ su tutta la coalizione. Il punto è che secondo lo Statuto dem le primarie non sono un affare esclusivo del Nazareno. Il contributo economico dei votanti va girato, in gran parte, ai livelli locali del partito in tutta Italia. Da questo punto di vista il bilancio più amaro lo fece l’allora tesoriere Mauro Agostini ai tempi delle prime primarie.

A quei tempi (2007, Veltroni segretario) l’affluenza non era certo un problema: 3.554.169 votanti, numero mai più superato. L”incasso’ fu di circa 4 milioni (si versava un contributo di almeno 1 euro). Ma il comitato organizzatore alla fine calcolò che anche le spese per quelle primarie furono al top, intorno ai 3mln. Morale, al Loft (allora la sede del Pd era quella a largo di santa Anastasia) alla fine rimase circa il 10% del totale, tra i 400mila e i 500mila euro. Infine, (anche) sui soldi non sono mancate le polemiche negli anni. Nel 2017 (siamo al bis di Renzi) a far discutere fu l’obolo di 4 euro anzichè di 2 euro chiesto per il voto telematico. Il comitato di Andrea Orlando protestò parlando di “Scelte imposte” e “comportamenti non sempre trasparenti”.

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