Buona la prima per la CNA, Cappuccio riempie il San Felice

Non c’è nessun amore in “Capolavoro d’amore”. C’è una storia, quella di un uomo, abbrancata per tirarne i fili. Ci sono il circoscriverla e il piegarla nei margini. C’è la bellezza che scompare, colpevolmente e no. C’è la storia d’Italia, la Sicilia a farne da paradigma, dove la sparizione della Natività del Caravaggio, dall’Oratorio di San Lorenzo, presta il fianco a rievocazioni di ciò che fu e non è più; di ciò che poi è stato, a partire da quella perdita e grazie a quella perdita.

Ruggero Cappuccio, già direttore artistico di Benevento Città Spettacolo, oggi direttore del Campania Teatro Festival, è tornato in città, nella sede della Soprintendenza, all’ex Convento San Felice, ed è parso di riavvolgere il nastro a più di un decennio fa: la sala stracolma, guidata dal giornalista di Repubblica Pierluigi Razzano, per la presentazione dell’opera ultima edita da Feltrinelli. Parole promesse brevi e divenute dilatate perché volute dal pubblico.

Un uomo in rivolta il protagonista, contro ciò che è stato. Contro gli anni, passati ad accettare quanto supposto subito. Contro i manovratori della perdita. Di più. La volontà di dare un senso alla genesi della sottrazione ne riscrive il finale. Lo lascia aperto, a dispetto di chi abita la realtà.

No, non c’è amore in Capolavoro d’amore, ma il tentativo di riscrivere la storia, la propria storia, per tacitarla, per fermare l’emorragia, il pulsare delle tempie, la tachicardia del cuore.

Sono muti i personaggi di Cappuccio o solo ventriloqui. Non parlano ma confessano ciò che Manfredi, il protagonista, vuole, con parole, con ricordi, con la carne esposta, col rimpianto.

La capacità dello zio di arrestarsi al culmine della gloria, come il perfetto ensemble del parodo dei grilli, lo vedrà gettarsi ancora nella polvere, di nuove strade che diano anelito, desiderio e perfezione di esecuzione circolare.

Gli amici di gioventù si cristallizzano invece nello splendore dell’affidamento, della fiducia mai tradita, della mano che si porge e dell’abbraccio che stringe, senza richiesta.

Le Donne racchiudono la bellezza e la capacità di lenire i dolori. Non la sofferenza inespugnabile: Flavia. La donna che lo ha abbandonato all’improvviso, lacerando per sempre la narrazione che Manfredi aveva fatto e che avrebbe fatto di sé. Flavia, una morta bambina, destinata a rimanere imperitura. Come nell’epitaffio autografo di Marina Cvetaeva, Flavia è un canto di sirena: “Non credere che qui sia una tomba, che io ti apparirò minacciando… a me stessa troppo piaceva ridere quando non si può! E il sangue fluiva alla pelle, e i miei riccioli s’arrotolavano… Anche io esistevo, passante! Passante, fermati! E che almeno però non ti turbi la mia voce di sottoterra. Solo non stare così tetro, la testa china sul petto. Con leggerezza pensami, con leggerezza dimenticami”.

E forse è proprio questo l’intento dell’autore, piegare il passato alla Bellezza, non lasciare che si sciupi, che sbiadisca. Lo immortala invece, in un ultimo e definitivo canto, ché il dolore non sia stato inutile. Che dal dolore abbia tratto e non perduto.

“I morti non sono inesistenti, sono solo invisibili” ha detto Cappuccio alla sala. E nel riascoltare i nomi dell’indimenticato giornalista Mauro De Mauro, del quotidiano L’Ora; nel rileggere gli scritti indignati di Leonardo Sciascia sulla sottrazione della Natività; nel cogliere il rimando allo sceneggiato del 1971, Il segno del Comando, di Daniele D’Anza, con la Gravina e Pagliai, ci è parso davvero che l’intreccio delle vite dei protagonisti stessero lì come un testimone da raccogliere. L’indignazione per la sparizione del Caravaggio, il dolore della perdita dell’amore, la morte giusta e dignitosa, scelta, diventano le nostre, in una città ritrovata.

Così come ritrovato è stato l’ex Convento di San Felice, grazie a questa rassegna ideata e realizzata da CNA Pensionati di Benevento, guidata da Giulio De Cunto, in collaborazione con CNA Pensionati Campania, con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio di Caserta e Benevento e l’Arte/Studio Gallery di Benevento, col patrocinio dell’assessorato alla Cultura del Comune di Benevento.

E ritrovati i cittadini accorsi, dopo un lungo arresto.

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