CIVES: La tenuta del sistema sociale italiano è nelle mani del Terzo settore. Resoconto quarto incontro

“Dobbiamo all’intervento e all’azione del Terzo Settore la tenuta del sistema Italia nella crisi profonda di questi anni che ha ferito la nostra società sul piano sociale, economico e morale”. Così ha esordito Ettore Rossi Direttore dell’Ufficio Problemi Sociali e il Lavoro ieri sera presso il centro di cultura “R. Calabria” di Benevento, in occasione del quarto incontro di Cives – Laboratorio di formazione al bene comune, dal titolo “Il Terzo Settore al servizio di una solidarietà operativa”. L’iniziativa è promossa dall’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Diocesi di Benevento in collaborazione con il Centro di Cultura “R. Calabria” e l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Rossi ha ricordato la recente riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e del servizio civile universale (Legge delega 106/16), dalla ci si attende un rafforzamento sostanziale di questo universo così importante rappresentato da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative e imprese sociali, fondazioni e ONG. Pur supportando le politiche del lavoro e di coesione sociale con un milione circa di occupati il Terzo Settore, nelle parole del coordinatore della Pastorale sociale, soffre ancora di un ruolo ancillare rispetto agli enti locali, fungendo, in buona sostanza, da tappabuchi alle mancate risposte ai bisogni essenziali e utilizzato per conseguire risparmi in termini di costi, ma non considerato a pieno titolo nelle sedi in cui si programmano le politiche sociali. “Eppure”, aggiunge Rossi, “gli economisti più avveduti riconoscono quali territori competenti, non tanto e non solo quelli dove ci sono molte imprese, ma le realtà dotate di infrastrutture sociali reticolari, capaci di generare coesione sociale”. Gli fa eco Claudia Fiaschi, portavoce del Forum Nazionale del terzo Settore, che ritiene doveroso precisare che la povertà assoluta che attanaglia 4,7 milioni di Italiani ha radici diverse da quella che affliggeva i nostri nonni. “Oggi i poveri sono soprattutto i giovani e i bambini. Ecco perché in realtà sociali come quella campana, che ha un parterre nutrito di giovani, è particolarmente pericoloso non offrire loro un processo di sviluppo desiderabile. La ricetta indicata per il recupero consiste nel ripensare ad un modello di sviluppo che tenga nel dovuto conto alcuni aspetti, quali inclusività, sostenibilità e riduzione delle disuguaglianze, che non sono più tra nord e sud, ma tra città e periferie, tra aree urbane e zone interne.
Le nuove generazioni, secondo la Portavoce del Forum e vice presidente nazionale di Confcooperative, hanno meno remore di noi a ripensare a nuovi modelli di sviluppo: le tecnologie in cui sono profondamente immersi li tengono già collegati al pianeta intero e, dunque, fanno meno fatica di noi ad immaginare modelli sociali di condivisione e di rispetto dell’ambiente. Incardinarli al territorio significa ripensare a processi lavorativi diversi, insoliti. L’utilizzo delle nanotecnologie porterà inevitabilmente ad una riduzione di posti di lavoro, anche manuali, avverte la Fiaschi. Le industrie automobilistiche risentiranno delle nuove modalità del car sharing, verso cui i giovani sono senz’altro meno restii, perché meno legati, per necessità, alla proprietà privata. Car sharing, cohousing e coworking fanno parte della nuova ottica del viaggiare, dell’abitare e del lavorare insieme. Il reddito sarà sempre più sganciato dal lavoro. Un nuovo modello capitalistico sta prendendo piede, nato dalle piattaforme online: da un lato i possessori delle piattaforme, dall’altro la comunità, alienata dal possesso e dal reddito conseguente. Le nuove tecnologie aprono spazi di impegno e di lavoro agli enti non profit in nuovi settori emergenti e ci esporranno alla ricerca del come impiegare il tempo libero in espressioni di creatività o per la gestione dell’immenso patrimonio culturale italiano, capace di agganciare potenzialità economiche nella produzione di video e audio legati all’arte, al settore enogastronomico, al turismo in genere. Le nuove generazioni saranno sempre più impegnate a gestire l’ambiente e la produzione agricola, sempre meno vincolata all’utilizzo di terra e acqua, così come già avviene in molte realtà geografiche. Supportare gli anziani è da annoverare tra i lavori del futuro. Il terzo settore, riformato, con nuove regole di trasparenza, con il bilancio sociale, i vantaggi fiscali che offre a tutti i soggetti che lo compongono, la capitalizzazione, il supporto al volontariato è in grado, secondo la Fiaschi, di illuminare il percorso formativo dei giovani che si affacciano alla ricerca di competenze da sedimentare e territori da plasmare.
Filiberto Parente, portavoce unico del Forum del Terzo Settore della Campania, condivide la necessità di incardinare i processi produttivi e lavorativi al territorio, ma denuncia: ”Il nostro lavoro, qui in Campania, è difficile fatto di annuncio e di denuncia. Riferisce di molti fondi europei rinviati al mittente per inesperienza, incapacità progettuale e disinteresse politico. Non fatica ad addebitare ai vertici regionali il fallimento della preannunciata “Primavera del Welfare”, che però non ha coinvolto Benevento, ancora bistrattata rispetto a Napoli e Salerno. “Il fatto è che non abbiamo interlocutori capaci di ascolto”, lamenta Parente. “Il rischio è che si diventi noi l’Africa. Per fortuna il welfare community riesce laddove ha fallito il welfare state”, conclude.
Un monito finale della Fiaschi va ai genitori, in cui si riconosce: “Non abbiamo abituato i nostri figli ad imparare dagli errori. Purtroppo non esistono cave di futuro, ma inclinazioni professionali e lettura del territorio, se vogliamo dare loro speranza alternativa all’abbandono dei luoghi natii”. E conclude: “Possiamo farcela perché la vita è sempre dalla parte della vita”.

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