Lavoro: Cgis, sos occupazione, entro 10 anni -3 mln lavoratori

Roma, 13 apr. (Adnkronos) – Entro i prossimi 10 anni la platea delle persone in età lavorativa (15-64 anni) presente in Italia è destinata a diminuire di 3 milioni di unità (-8,1 per cento) a causa dell’invecchiamento della popolazione. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia.

Se all’inizio del 2024 questa coorte demografica includeva poco meno di 37,5 milioni di unità, nel 2034 la stessa è destinata a scendere rovinosamente, arrestandosi a poco meno di 34,5 milioni di persone, con sempre meno giovani e con tanti baby boomer destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, molti territori subiranno un autentico “spopolamento”, anche di potenziali lavoratori, soprattutto nel Mezzogiorno.

Tra le 107 province d’Italia monitorate, sottolinea l’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato le previsioni demografiche dell’Istat, solo quella di Prato registrerà in questi 10 anni una variazione assoluta positiva (+ 1.269 unità pari al +0,75 per cento). Tutte le altre 106, invece, presenteranno un saldo anticipato dal segno meno. “Se alla recessione demografica aggiungiamo l’instabilità geopolitica, la transizione energetica e digitale, le nostre imprese sono destinate a subire dei contraccolpi spaventosi”, il tutto in assenza di “misure in grado di cambiare segno a questo fenomeno in tempi ragionevolmente brevi” e nemmeno “il ricorso agli stranieri potrà risolvere la situazione”, sottolinea la Cgia.

Meno lavoratori soprattutto al Sud: le contrazioni della popolazione in età lavorativa più importanti riguarderanno, in particolare, il Sud. Lo scenario più critico interesserà la Basilicata che entro il prossimo decennio subirà una riduzione di questa platea di persone del 14,6 per cento (-49.466 persone). Seguono la Sardegna con il -14,2 per cento (-110.999), la Sicilia con il -12,8 per cento (-392.873), la Calabria con il -12,7 per cento (-147.979) e il Molise con il -12,7 per cento (-22.980). Per contro, le regioni meno interessate da questo fenomeno saranno la Lombardia con il -3,4 per cento (-218.678), il Trentino Alto Adige con il -3,1 per cento (-21.368) e, infine, l’Emilia Romagna con il -2,6 per cento (-71.665).

A pagare il conto saranno le micro e piccole imprese. Per le medie e grandi imprese, invece, il problema dovrebbe essere più contenuto. Meno Pil dall’immobiliare, dai trasporti, moda e ricettivo: un Paese che registra una popolazione sempre più anziana potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici. Con una propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione giovane, una società costituita prevalentemente da persone in età avanzata rischia di ridimensionare il giro d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo. Per contro, invece, le banche potrebbero contare su alcuni effetti positivi vista la maggiore propensione al risparmio delle persone più anziane.

Sempre secondo le stime elaborate dall’Ufficio studi della Cgia su dati dell’Istat, tra il 2024 e il 2034 sarà Agrigento la provincia italiana che registrerà la recessione demografica della popolazione lavorativa più importante: -22,1 per cento pari, in termini assoluti, a -63.330 unità. Seguono Ascoli Piceno con -19,6 per cento (-26.970), Caltanissetta con -17,9 per cento (-28.262), Enna con -17,7 per cento (-17.170), anche Alessandria con -17,7 per cento (-48.621), Nuoro con il -17,6 per cento (-21.474), Sud Sardegna con il -17,5 per cento (-35.662) e Oristano con il -16,9 per cento (-15.482).

Tra i territori che, invece, sentiranno meno degli altri il calo demografico dei lavoratori attivi segnaliamo Milano con il -2 per cento (-41.493), Bologna con il -1,1 per cento (-6.928), Parma con il -0,3 per cento (-883) e, infine, Prato che, a differenza di tutte le altre province, presenterà un risultato anticipato dal segno più (+0,75 per cento pari a un valore assoluto di +1.269) (vedi Tab. 2). Il risultato positivo di Prato e di quelle province che hanno subito le contrazioni più contenute delle altre è riconducibile al fatto che, tra le altre cose, queste realtà territoriali presentano un tasso della popolazione straniera su quella residente molto elevata, abbassando così l’età media e incidendo positivamente sulle nascite

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