“Libera il bene”: l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie come grande opportunità

Una tappa importante quella di ieri, nella quale sono stati presentati gli aspetti tecnici e regolamentativi che ruotano intorno alla confisca e all’assegnazione dei beni sottratti alla criminalità organizzata, grazie soprattutto all’autorevole guida del  magistrato Giovanni Tartaglia Polcini.

Soprattutto all’impegno del noto magistrato sul territorio di Benevento si sono rivolti i saluti iniziali di Ettore Rossi (Direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro della Diocesi Di Benevento) il quale, parafrasando le recenti parole di Don Luigi Ciotti, ha sottolineato quanto sia necessario oggi il “dovere di interferire” da parte della società civile e della Chiesa, e quanto questo possa essere avvertito come pericolo insidioso dalle mafie, insieme all’uso sociale dei beni a loro sottratti, che innestano un circolo virtuoso all’interno del quale vi è anche la riconquista del lavoro da parte di tanti giovani.

Di seguito, Amleto Frosi (Referente di Libera Benevento) ha descritto l’impegno dell’associazione in questi anni, e le sue conquiste: “Dopo la legge La Torre che regolamentava la confisca dei beni, Libera ha combattuto tutti questi anni per il loro riutilizzo. Quando parliamo di questi beni non dobbiamo pensare esclusivamente a una riappropriazione materiale, ma soprattutto ad una riappropriazione morale: ci si riprende una storia. Il nostro obiettivo è dunque quello di rendere la memoria un’attività sociale, e il percorso fatto fino ad ora dimostra una notevole capacità produttiva delle tante cooperative che oggi lavorano sui beni.”

La lezione di Tartaglia Polcini ha successivamente offerto ai partecipanti un quadro cristallino della regolamentazione vigente sul tema, insieme alle non poche difficoltà che accompagnano la decisione di seguire tale attività, individuando nell’indimenticato lavoro di Falcone e Borsellino un punto di partenza imprescindibile per chi oggi sceglie di occuparsi di beni confiscati: “Loro avevano compreso – ha dichiarato il magistrato – che le mafie vanno attaccate soprattutto dal punto di vista patrimoniale e teorizzarono la società a partecipazione mafiosa, che aveva nella concorrenza sleale il proprio di forza: un’impresa mafiosa non paga le materie prime perché o le ha già oppure le estorce, non applica le misure di sicurezza, risolve le questione sindacali eludendo l’intervento dei giudici. E’ facile comprendere che sul mercato conquistano una posizione decisamente più appetibile.”

Sottolineando le difficoltà ancora esistenti a comprendere tali meccanismi, spesso annebbiati da una dialettica mediatica mafia-politica che non si propone di essere progettuale e raccogliere risultati materiali, Tartaglia Polcini ha descritto le storture burocratiche di un sistema che ancora ha difficoltà a regolamentare l’assegnazione di beni, perdendo oggi una notevolissima occasione: “Il riutilizzo delle aziende mafiose è un’occasione di riscatto sociale, ma nel difficile tempo di crisi che viviamo è anche un’occasione per impiegare quei beni non lasciandoli deperire, ammortizzando decisamente la spesa che comporterebbe il loro acquisto ex novo. Oltre alle molteplici e positive ripercussioni che ciò produce in termini di inserimento lavorativo. Si tratta di una incredibile opportunità”. Il magistrato Tartaglia Polcini ha poi precisato che negli ultimi due anni, in provincia di Benevento, sono stati sequestrati 50 milioni di euro alla criminalità organizzata. “Qui lo Stato è presente – ha spiegato –  silenzioso e operoso”. Lo scenario descritto, per il nostro territorio, è di infiltrazioni delle mafie ma non di un vero e proprio controllo. A Benevento un processo su cento si prescrive.

Ha concluso, infine, l’intervento di Riccardo Christian Falcone (delegato regionale di Libera per il progetto) il quale ha aggiunto inoltre le difficoltà che spesso si ravvisano nel rapporto con le banche non sempre disposte ad andare incontro a chi decide di mettersi in gioco dando nuova vita al bene: “Anche questa – ha concluso Falcone – è parte dello stesso problema che non sempre vuole essere affrontato puntando nella stessa direzione. Ne è ulteriore dimostrazione il lavoro che svolge l’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati e Sequestrati e che spesso non si vuole rendere davvero strumento operativo: la sfida, invece, è proprio quella di alzare la voce per ribadire che anche uno strumento del genere ha ragione di esistere in virtù delle motivazioni che hanno spinto alla sua creazione altrimenti non serve a nulla e  di ulteriori contenitori vuoti oggi non abbiamo bisogno.”

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