**Pd: domani assemblea vota Manifesto, alt Bonaccini ‘è contributo’**

Roma, 20 gen. (Adnkronos) – Dopo giorni di tensioni attorno al Manifesto del Pd, con il giallo su come dovesse essere approvato dall’assemblea di domani, grazie al lavoro di mediazione di Enrico Letta sembra che la quadra sia stata trovata. Il documento dovrebbe essere votato “con un dispositivo”, si spiega, che in sostanza lascerebbe aperto il Manifesto a contributi successivi. Una mediazione tra chi, come l’area Bonaccini, non vuole essere vincolata ad un testo ante-voto congressuale e chi, come Articolo 1, vede nell’approvazione del Manifesto un passo verso il possibile rientro nel Pd.

“Per noi quella Carta è condivisibile”, dice Arturo Scotto, coordinatore di Articolo 1 che domani sarà presente all’assemblea con 80 delegati, “40 uomini e 40 donne”, spiega. Oltre a Roberto Speranza, garante con Letta, del percorso costituente. Tuttavia, se per i ‘bersaniani’ quel testo funziona, Bonaccini non la vede proprio così e lo definisce “un contributo di un centinaio personalità per quanto autorevoli” ma c’è un congresso alle porte e “andrà rispettata la volontà di chi viene a votare per un nuovo segretario e nuovo gruppo dirigente”, mette in chiaro l’aspirante segretario.

E c’è di più. Oltre a una questione di metodo, c’è anche un tema di merito. Per Bonaccini infatti sarebbe “opportuno tenere fermo e tener fede al Manifesto dei Valori con cui il Pd è nato”. La spinta a rivedere il testo del Pd di Walter Veltroni che ha animato in queste settimane di costituente la sinistra dem – specie nella parte del liberismo, del rapporto tra Stato ed economia – non sembra essere altrettanto dirimente per il presidente della regione Emilia Romagna.

E per Bonaccini anche il nome non si tocca. Oggi si è riaperta la discussione sul nome, riproposta da Peppe Provenzano: “Sul nome del partito avrei voluto un referendum tra gli iscritti. Lo chiederemo al prossimo gruppo dirigente”. Un dibattito già aperto tempo fa con la proposta del sindaco di Bologna di Matteo Lepore, di cambiarlo in ‘Partito democratico del Lavoro’. Bonaccini chiuse già allora. Oggi insieme a lui lo fanno anche altri due candidati, Gianni Cuperlo e Paola De Micheli.

“Rispetto l’opinione Provenzano, ma credo che davvero adesso -dice Bonaccini- i nostri elettori preferiscano che gli spieghiamo i contenuti di una proposta per il Paese piuttosto che discutere del cambio di nome. Posto che peraltro a me il nome Partito democratico piace e come ha detto Gianni Cuperlo, non lo toccherei”. Tornando al Manifesto, il testo definitivo è in chiusura, si fa sapere.

“Il documento finale sarà di 10, 12 pagine al massimo”, spiega uno dei membri del comitato Costituente. Nella bozza il testo si articola una premessa, ‘Il Filo Rosso’. Una sorta di preambolo sui valori del Pd. A seguire 4 capitoli frutto del lavoro dei rispettivi sottocomitati: ‘Italia in Europa e nel Mondo’, ‘Diritti, Welfare e Coesione’, ‘Sviluppo sostenibile, lavoro e imprese’, ‘Democrazia e Partecipazione’.

Nella bozza del documento, nella parte iniziale ‘Il Filo Rosso’, contenuti una serie di parole e concetti chiave come “difendere la Costituzione, di valorizzare la cultura antifascista da cui nasce e di impegnarci per una sua compiuta applicazione”. Ed ancora la lotta a “disuguaglianze, povertà, discriminazioni e marginalità sociali”, il fatto che “diritti sociali e diritti civili” sono “da considerare come inscindibili”.

Quindi le donne, gli stranieri. “Non c’è vera democrazia se non si valorizzano le donne, riconoscendo lo spazio e il ruolo che spetta loro. Non c’è vera democrazia se le nuove italiane e i nuovi italiani continuano a rimanere ai margini della vita politica e sociale del Paese”. C’è anche una parte sui partiti: “Una democrazia sana ha bisogno di strumenti e canali solidi di partecipazione. I partiti hanno una funzione di mediazione sociale irrinunciabile”. E poi il lavoro e l’ambiente: “Senza lavoro dignitoso non ci sono democrazia, progresso e benessere. Al tempo stesso, la crisi climatica globale e i suoi drammatici effetti, anche locali, impongono la definizione di nuove traiettorie di sviluppo sostenibile”.

C’è poi la parte più ‘spinosa’ sul rapporto tra Stato ed economia in cui, rispetto al ‘liberismo’ del documento veltroniano, si parla di “Stato regolatore e innovatore” in grado “di far risaltare la capacità trasformativa delle imprese e del nostro settore produttivo, correggendo ed evitando al tempo stesso i fallimenti di mercato”. Quindi l’impegno alla lotta alle disuguaglianze. “Perché nessun destino sia già scritto, serve un approccio integrato, fondato sulle tre dimensioni della sostenibilità: economica, sociale e ambientale. Crediamo infatti che non esista vero sviluppo senza coesione sociale e lotta alle disuguaglianze”. Infine, il capitolo sull’Europa. Domani in assemblea verrà anche votato il Regolamento del Congresso, già approvato in Direzione con la mediazione sulle primarie on line ‘ristrette’.

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