Appello di Rete Sociale all’Assessore regionale Fortini: “Pazienti psichiatrici mal…trattati: ci aiuti a dire basta!”

Rifiutarsi di curare bene un malato, pur avendo capacità, anche economica, per farlo, significa curare male:  “mal…trattare”. Ecco perché l’assessore regionale Fortini deve sapere come sono “maltrattati” i pazienti psichiatrici nel Sannio, nonostante il suo impegno per assicurare loro il diritto alla cura in grado di reinserirli nella società attraverso “Progetti Terapeutico Riabilitativi Individuali” o PTRI: cioè, “progetti a misura di paziente” come la Fattoria Sociale nata dai PTRI che Lucia Fortini inaugurerà sabato prossimo a Benevento, su invito della Caritas.
E’ risaputo, infatti, che i PTRI sono diventati Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) obbligatori per legge, in quanto la cura più efficace e meno costosa per la malattia mentale. Meno risaputo, invece, è che nel Sannio i PTRI sono bloccati da un anno per una vicenda grottesca che sembra tratta dal “Processo” di Kafka: il romanzo in cui il protagonista deve difendersi dall’accusa assurda di un Tribunale misterioso e invisibile che alla fine risulta inesistente.
I PTRI avviati da noi nel 2014 con successo, infatti, sono stati bloccati improvvisamente da un’assurdità: da una frase di un dirigente regionale del settore Politiche Sociali che, nel rispondere a un quesito sull’assistenza domiciliare, parla genericamente di compartecipazione al 50% tra Asl e Comuni.  Ebbene questa frase viene interpretata come un dictat inderogabile: se il Comune non partecipa al 50% con la Sanità, il PTRI non si può fare. E’ una forzatura infondata: la legge dice che solo in UVI – la riunione cui partecipano medici, familiari, pazienti, ecc.- si stabilisce ogni volta se la spesa è a carico della Sanità, del Comune o in compartecipazione.  Ma come nel romanzo kafkiano, l’assurdità circola e prende corpo.
Al che i Comuni insorgono: “Dove prendiamo i soldi per curare centinaia di persone finora a carico della Sanità?” Partono, così, le richieste di chiarimenti alla Regione.  Ma in attesa della risposta lenta dei burocrati, le richieste di PTRI si bloccano: “Non ci sono i soldi” viene risposto ai pazienti psichiatrici che li richiedono. E’ impossibile: “I PTRI, essendo LEA, non si possono negare”, obietta chi conosce la legge.  Ma non c’è niente da fare: come Tarzan si aggrappa a una liana nella giungla, a quest’assurdità si aggrappano in tanti. In troppi. Tanto che il blocco dei PTRI “per chiarimenti” diventa sospetto: è forse un modo per continuare a foraggiare il business della riabilitazione e delle strutture convenzionate che i PTRI dovrebbero soppiantare? Anche perché per un ricovero in clinica, più oneroso per l’ASL, si provvede subito…
In realtà le leggi sui PTRI (la delibera 483, il decreto 16, ecc.) sembrano chiare. Dicono che i PTRI nascono proprio per riconvertire l’ingente spesa sanitaria utilizzata per internare i malati, con la quale i privati si arricchiscono ma la malattia si aggrava e cronicizza: “I PTRI sono destinati a persone affette da malattie croniche e/o cronico degenerative con grave disabilità sociale o psichiatrica internate in strutture protette o case di cura convenzionate…negli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG)… ai minori…” con o senza “disturbo psichiatrico… e a persone con grave disabilità sociale in stato di abbandono sui territori”. Anche sul budget per i PTRI non sembra ci siano dubbi: va preso dalle “stesse risorse sanitarie” – “isorisorse” – utilizzate impropriamente per case di cura e assistenza domiciliare. Come si legge in una nota Asl: “5 milioni di euro stanziati annualmente per la Psichiatria residenziale, semi residenziale e sociosanitaria… e 14 milioni per l’assistenza riabilitativa esterna” da cui attingere per riconvertirli in PTRI. Che significa allora?
Che non c’è peggiore sordo di chi non vuole sentire. Nonostante i chiarimenti arrivati ora dalla Regione grazie all’assessore Fortini, quel “parere” della dirigente regionale è ancora “legge”…  che supera la legge: martedì scorso un PTRI a carico della Sanità è stato assegnato al 50% con il Comune. Perciò chiediamo alla Fortini di aiutarci a dire “basta!”: a voce chiara e forte affinchè tutti possano sentire.
Per la Rete Sociale: il presidente Serena Romano

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