Parità in campo. Un derby dal gusto “antico” per i cavesi. Tanta ironia da parte

Innanzitutto con quelle persone che a Benevento non ci sono più: dimostrare a loro cosa si può fare quando la fiammella dell’entusiasmo viene alimentata anziché continuamente smorzata; poi, replicare alla tifoseria cavese che tanto bene si era comportata nel derby di andata. Entrambi i propositi sono stati portati a compimento dalla tifoseria sannita. Sono 700 i giallorossi che all’ora di pranzo si mettono in moto in direzione Cava dei Tirreni. Il numero è considerevole se si tiene conto dei tre mesi che hanno preceduto la gara e dei risultati sportivi e degli stravolgimenti vari che hanno coinvolto l’intero ambiente sannita. Va aggiunta anche la grandissima difficoltà incontrata dai gruppi organizzati nell’allestire la trasferta e nel reperire gli automezzi per il trasporto. Nonostante quanto detto, i ragazzi della Curva Sud ed i Club hanno organizzato una trasferta curata nel minimo dettaglio ed in completa autonomia, questo anche a sottolineare che pur avendo “il morto in casa” c’è sempre a chi piace “infamare”. La carovana è di quelle da mettere i brividi. Non era il numero che contava ma la qualità di coloro che partivano e quella era di primissima scelta. L’arrivo a Cava è tranquillo salvo qualche imprevisto ai cancelli d’entrata dove c’è stato qualche battibecco con le Forde dell’Ordine per far accomodare in curva quanti avevano raggiunto il centro metelliano senza il tagliando d’ingresso. I sanniti si trovano al cospetto di uno stadio tutto biancloblù con oltre 5.000 spettatori a far da cornice. Da subito iniziano gli scontri verbali tra i due schieramenti, l’ingresso in campo delle squadre distoglie le rispettive tifoserie dagli sfottò per riportarle agli incitamenti verso le proprie maglie. Il Simonetta Lamberti si riveste di strisce biancoblù e nella curva sud locale viene alzato un bandierone con disegnato il centro storico di Cava e la montagna che lo sovrasta. A dire il vero una immagine già vista in passato e sicuramente datata come effetto. Di sicuro non in linea con il nuovo modo di sentirsi “ultras da movimento” quali i cavesi si dichiarano. Sicuramente migliore è l’immagine che la curva sud metelliana offre quando viene richiuso il telone e compare una curva in biancoblù con una grande aquila che vi campeggia al centro. I beneventani non pongono in essere nessuna coreografia seguendo una linea di pensiero intrapresa da un bel po’. Nei minuti immediatamente iniziali tutto lo stadio comprese le due curva si uniscono nel saluto ed abbraccio al piccolo Tommaso volato via per mano di persone che non meritano nessuna parola e nessun commento. Davvero significativo il momento in cui i battimani biacoblù-giallorossi si sono fusi all’unisono. Dopo ciò, inizia la guerra del tifo. I sanniti sfoderano una gran bella prestazione canora con cori pungenti e irrisori. I cavesi non appaiono in forma. Forse il gran caldo e l’avvento del tifoso occasionale in curva li spegne un po’. Anche in considerazione di ciò, sono comunque validi alcuni cori e delle belle coreografie con le mani. Purtroppo si devono registrare, e ce ne duole, ancora una volta, qualche striscione inopportuno. Tra lo sfottò e l’infamata c’è un filo sottile. Se all’andata i cavesi avevano fatto allusione al Lodo Petrucci, dimenticando il loro passato. Al ritorno hanno sfoggiato un inutile striscione che faceva riferimento a trasferte pagate. Un’altra occasione persa. Un altro striscione cavese faceva riferimento a presunti club che preferivano non picchiare. I beneventani replicavano ricordando ai dirimpettai una data: 28.12.1997. I 216 cavesi di allora, non di più, non hanno di certo dimenticato. Ma forse nel 1997 “l’ideale movimentista non era ancora in voga” e i giornalini non erano così diffusi. La gara si trascina sotto un caldo sole primaverile che non aiuta le due tifoserie. Va comunque sottolineato l’accompagnamento quasi costante dei sanniti sia con le ugole che con le mani. Si giunge al finale di match con le porte inviolate e tutti felici e contenti. L’intero Simonetta Lamberti sciorina il suo “zumb, zumb, uagliò”, sicuramente ad effetto. I sanniti salutano a loro modo irrisori e sarcastici. Tanto rumore per nulla. Il derby scivola via senza incidenti di sorta. Chissà se dovremo ascoltare altre “storielle”.Una considerazione a parte va fatta. Il beneventano, per i derby, a parole non viene considerato da nessun avversario. Stranamente, però, molti scrivono per il gusto di consumare inchiostro. Stranamente, però, ci ritroviamo spesso e ben volentieri ad affrontare tifoserie corregionali che cercano di fare del loro meglio contro di noi. Sarà una strana coincidenza, saremo noi che arriviamo sempre al momento sbagliato, sarà forse che un “derby è un derby” è non ci sarebbe nulla di male ad ammetterlo. Ma noi siamo quel che siamo e tiriamo avanti per la nostra strada. Almeno abbiamo la coerenza di guardare tutti negli occhi. Nessuno dall’alto e nessuno dal basso.

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