A proposito di mensa scolastica: proventi e costi

In un precedente intervento mi sono occupato delle spese comunali dedicate, da un lato, alla cultura e ai beni culturali, e, dall’altro, al turismo. In questo, invece, l’oggetto dell’analisi riguarderà il servizio della mensa scolastica.
Con il Decreto del 31 dicembre 1983 (G.U. n. 16 del 17/01/1984), il Ministero dell’Interno ha individuato le categorie dei servizi pubblici a domanda individuale e al n. 10), fra i 19 previsti, sono indicate le mense, comprese quelle ad uso scolastico. Successivamente, il Consiglio di Stato, sez. 5, con la Sentenza n. 308, dell’11 marzo 1995, ha chiarito che i servizi a domanda individuale fanno riferimento alle attività gestite direttamente dall’Ente.
I servizi pubblici a domanda individuale, dunque, sono costituiti da tutte quelle attività gestite direttamente dal Comune e che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale. Esse sono poste in essere non per obbligo istituzionale, ma a richiesta dell’utente. Inoltre, l’art. 172, comma 1, lettera c) del TUEL (D. Lgs. 267/2000), stabilisce che al Bilancio di Previsione sia allegata la deliberazione con la quale sono determinati, per i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione. Al riguardo, è da precisare che, ai sensi dell’art. 243, comma 2, lett. a), del TUEL, i Comuni non deficitari non hanno un limite minimo di copertura; mentre, per quelli deficitari, i proventi devono essere almeno pari al 36%. E il Comune di Benevento solo nel 2014 è divenuto deficitario, come si rileva dal Quadro 50 dei Certificati consuntivi, di cui al portale del Ministero dell’Interno. La fonte dei dati elementari, invece, è costituita dal Quadro 14, sempre pubblicato sul citato portale.
Ho ricostruito, quindi, la serie più lunga possibile, cioè dal 2004 al 2014 perché, pur essendo presenti i dati fin dal 1998, mancano quelli del 2003.
Tanto premesso, mi permetto osservare che i dati contenuti nel quadro sono notevolmente incompleti, poiché si rilevano solo gli importi dei proventi totali incassati e del costo totale a diretto carico del Comune.
Mancano del tutto, infatti, il numero delle domande presentate, il numero delle domande accolte, il numero dei pasti forniti, il numero degli addetti, il numero di strutture, il numero dei posti a sedere disponibili e i metri quadri disponibili.
I dati, quindi, sono appena sufficienti ai fini dell’analisi dei costi e delle entrate, non permettendo alcun approfondimento.
Ebbene, negli undici anni considerati il Comune ha incassato un totale complessivo di 5,1 milioni di euro, con una media annua di 468mila euro. Per contro, il totale dei costi sostenuti è stato di 13,4 milioni, con una media di 1,2 milioni all’anno. La copertura del servizio, infine, è risultata pari al 38,52%, superiore cioè al 36% previsto quale minimo, ma solo per i comuni deficitari, e Benevento è divenuto tale solo dal 2014.
L’esame dei dati annuali, tuttavia, dà adito a talune perplessità e, in particolare, per il biennio 2012-2013. Se nel 2012, si rileva il minimo assoluto di proventi con 280.762 euro e il massimo assoluto della spesa con 1.411.801,40 euro, con un tasso di copertura del 19,89%, nel 2013, si ha il massimo assoluto dei proventi con 704.909,01 euro contro i 965.097,00 di spesa, che rappresenta quasi il minimo assoluto, in quanto solo nel 2004 si registra un importo minore: 959.836,00 euro. Il tasso di copertura del 1013, conseguentemente, sale addirittura al 73,04%. L’unica spiegazione plausibile a tali abnormità si può trovare solo nella gestione dei residui, salvo una errata compilazione del Quadro di riferimento, cioè il n. 14. Il che non è da escludere, vista la notevole carenza informativa. Ma si dimostra ancora una volta, quanto meno, la incuria con la quale si adempie agli obblighi di trasparenza e pubblicità.

 

 

Luigi Ruscello

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