Radio Latte Miele, personaggio dell\’anno è lo scienziato anti-cancro Antonio Iavarone

Nato a Benevento, Antonio Iavarone è oggi uno dei più noti scienziati italiani all’estero. Ordinario di Neurologia, Patologia e Genetica del Cancro alla Columbia University di New York, negli anni Novanta ha lasciato definitivamente la sua nazione. Lo incontriamo in occasione del suo ultimo viaggio.

Il professore è in Italia per una serie di conferenze; sabato, invece, ritirerà il premio «Personaggio dell’anno 2011», promosso da radio Latte Miele a Guardia Lombardi. Lo scienziato sannita ha legato il suo nome ad una serie di studi fondamentali in campo oncologico: «Attualmente stiamo creando negli animali di laboratorio un sistema di terapia identico a quello umano. Sperimentiamo trattamenti genetici, operando sulle alterazioni molecolari responsabili delle caratteristiche staminali presenti nei tumori maligni; arrestando queste alterazioni, associate alle proteine Id, i tumori regrediscono. La sfida è quella di identificare questi pathway molecolari, per poi bloccarli».

Presto ci sarà la possibilità di pensare nuove terapie. Iavarone non ne può ancora parlare, ma il suo entusiasmo lascia presagire sorprendenti risultati: «Stiamo lavorando con il Broad Institute di Boston, uno degli enti più all’avanguardia nello sviluppo di nuovi farmaci». Se avete intenzione di farlo arrabbiare davvero, chiedetegli se si sente un «cervello in fuga». La definisce «commiserazione giornalistica»: «Si tratta di una categoria di pensiero logora, inadeguata ad interpretare l’assoluta dinamicità e mobilità della scienza. Piuttosto bisognerebbe parlare di brain circulation: la libera circolazione internazionale delle intelligenze migliori. Le migrazioni intellettuali sono un aspetto peculiare delle nazioni in cui la ricerca scientifica si basa su un sistema competitivo».

Iavarone non parla mai volentieri della vicenda umana e professionale che lo ha portato via dall’Italia. Per pudore, certo; ma anche per il profondo disgusto delle reiterate, inutili strumentalizzazioni. Negli anni Novanta lavorava presso il reparto di oncologia pediatrica del Gemelli di Roma, con ottimi risultati. Ma un caso di nepotismo, ampiamente dimostrato in sede legale, lo obbligò a salpare oltre l’Atlantico. Il rapporto che oggi lo lega all’Italia è quanto mai complesso. È la passione la cifra che anima la sua esistenza. Passione caparbia. Con tutte le conseguenze che ciò comporta. Nel bene e nel male. Pessimista con l’intelligenza, ottimista con la volontà. Oggi è professore ordinario di una delle più prestigiose università del mondo, è membro autorevole della comunità scientifica internazionale, è editor di influenti riviste scientifiche e membro permanente della commissione di valutazione di finanziamenti del National Institutes of Health, l’ente federale nazionale della salute degli Stati Uniti. Ma non gli basta; non ancora.

Iavarone ama la sua terra, ama il Sud, e vorrebbe fare qualcosa. Da anni, però, si scontra con l’inerzia della politica, con la rassegnazione della società civile. Una questione etica, non solo scientifica: «Nel caso della ricerca biomedica, l’assenza di centri di ricerca all’avanguardia ha ricadute negative anche nelle cure proposte ai pazienti. Attualmente gli italiani che vengono inseriti in studi clinici internazionali sperimentali, sono pochissimi». Ancor meno quelli meridionali: «Questa situazione è decisamente più grave nel Centro-Sud. I malati possono ricevere trattamenti avanzati spesso solo dopo lunghi e costosi viaggi all’estero. La disponibilità di centri di ricerca di livello internazionale consentirebbe anche ai pazienti italiani cure equipollenti a quelle proposte ai cittadini di altre nazioni del mondo occidentale».

Le perplessità non mancano; neppure l’indignazione: «Nel caso di malattie per le quali non esistono cure standardizzate, spesso accade che non vengano somministrate terapie adeguate. Ricevo sempre numerose email e telefonate dall’Italia; sono storie terribili, devastanti; non è possibile tollerare atteggiamenti nichilistici, disfattistici. Nel Mezzogiorno oggi non vi è la possibilità di avere accesso ai clinical trial». In questo segno si ascrive il progetto del Mediterranean Institute of Biotechnologies, un istituto di ricerca che si sarebbe dovuto realizzare a Benevento. Un centro in cui ricerca e clinica sarebbero andate di pari passo. Un programma ambizioso, complesso, arenato al momento nelle sabbie mobili della politica.

Se l’amministrazione Obama ha istituito uno «stimulus package», ovvero un’iniezione di nuovi fondi alla ricerca per superare la crisi, l’Italia continua a concentrarsi su provvedimenti che hanno ripercussioni rapide, ma superficiali: «L’interazione tra ricercatori provenienti da diverse e prestigiose istituzioni scientifiche internazionali innesca un benefico effetto di traino su molteplici attività locali, con conseguenze virtuose sia in campo industriale che occupazionale. Le ingenti risorse finanziarie necessarie, dovrebbero essere considerate investimenti imprescindibili per il futuro e il benessere del Paese».

Iavarone è stato periodicamente contattato da tutti i ministri e i politici delegati alla ricerca e all’università degli ultimi governi. Di destra quanto di sinistra. Adesioni generiche, lodi, elogi e premi, ma nulla di pratico. Il professore, intanto, continua a formare nel suo laboratorio giovani ricercatori italiani, grazie ad un programma di borse di studio istituito nel 2006 in collaborazione col Ministero del Lavoro e con la Provincia di Benevento. Coltivando la speranza che prima o poi in Italia qualcosa cambi; che un giorno gli italiani possano cogliere un brivido d’orgoglio, ritrovando dignità, riprendendo in mano la loro storia. Un uomo «concreto come un sognatore», così lo avrebbe definito Gaber.

 

Corriere del Mezzogiorno

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