Terremoto. Matese, causato da estensione Appennino. In zona forti scosse in passato. Faglia diversa da sisma Irpinia

come se il Tirreno si stesse allontanando dall’Adriatico, un fenomeno che fa parte della geodinamica dell’Appennino. Lo stesso meccanismo è stato alla base del recente sisma avvenuto a Gubbio e del terremoto dell’Aquila nel 2009, anche se le faglie coinvolte sono diverse, ha spiegato il direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Alberto Michelini. Il sisma è avvenuto a una profondità di 10,5 chilometri ed è stato preceduto, pochi minuti prima, da un evento di magnitudo 2.7. Il terremoto è stato seguito da numerosi eventi (finora 10) di magnitudo inferiore a 3. Le scosse di assestamento rientrano nella ‘normale’ dinamica dei terremoti e secondo Michelini le repliche potrebbero andare avanti per diversi giorni. Per quanto riguarda la sismicità storica, l’area colpita dal terremoto di recente è stata una zona ‘silenziosa’ dal punto di vista sismico, ma in passato ha conosciuto forti scosse, anche di magnitudo stimata intorno a 7: come il 26 luglio 1805 (magnitudo stimata 6.6); 5 giugno 1688 (a sud est dell’epicentro di oggi) quando vi è stato un terremoto di magnitudo stimata quasi 7; il 5 dicembre 1456 (magnitudo stimata sempre intorno a 7). In Campania forti terremoti si sono verificati anche più di recente, anche se sono avvenuti in aree e su faglie completamente diverse e non collegate a questa del Matese: come il sisma del 23 novembre 1980 di magnitudo 6,9 in Irpinia che causò quasi 3000 morti e il terremoto del 21 agosto del 1962, fra Sannio e Irpinia, di magnitudo stimata 6.1 che causò circa una ventina di morti e oltre 16.000 senzatetto.

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