LA MUSICA A BENEVENTO:I PROTAGONISTI

Il ballo però era un’eccezione e figurava esclusivamente per fare colpo; infatti il pubblico nelle sale smetteva di ballare e,impressionato, seguiva “l’evento”.Ormai, i sedicenni si entusiasmavano per il singhiozzo di Tony Williams, voce solista dei “Platters”, per “Danny boy” di Conwy Twitty, per Elvis Presley, il “re”; per l’aggressivo, provocante, Little Richard in “tutti frutti” singolo di cui vendette, nel ’55, sette milioni di copie e, per le intemperanze di Jerry Lee Lewis dai grandi sorrisi e dai tempi serrati.Non era affatto raro vederli ballare davanti ai juke-box o tra le poltrone dei cinema, come i loro coetanei americani.Il rock’n’roll era, per la nuova generazione, un fatto elettrizzante mai vissuto che aveva il sapore di rivolta.Così, a Benevento,Vittorio Campobasso con il complesso “Alba” del fisarmonicista Mario Lamparelli, si scoprì ad imitare le pose, i vestiti e le voce dei modelli d’oltre-oceano, avventurandosi in questa nuova musicalità a cantare con grinta “Tutti frutti” e “Lucille”.”E’ scandaloso !”.Così il panorama culturale dell’epoca.”Dovrebbero arrestarli!”.Ma, quando il rock’n’roll nostrano interpretava ”Il tuo bacio è come un rock” e “24mila baci”, i giovani si scatenavano cantando e saltando.Durante il suo periodo iniziale si ispirò allo stile boogie e blues; batteva, infatti, i piedi sulle tavole del palco del “Massimo” e sulla pedana del “Salone del Fante”; spiritato si dimenava contorto, posseduto dal ritmo, minacciando quasi a voler buttar via il microfono allorchè, a tutt’eco e con tanti effetti audio proponeva “Good golly miss Molly” e “Whole lotta shakin’going on”  di Jerry Lee Lewis.Un rarissimo esempio di vitalità artistica, il suo.Vittorio era un ragazzo che cercava nel proprio successo una rivendicazione nei confronti di una vita anonima che voleva divenisse eccentrica e ricercata.Stravagante per sua natura appariva, non certamente il ragazzo della porta accanto, ma strafottente e disinibito forse per atteggiarsi al il duro di “Blackboard jungle” diretto da Richard Brooks e interpretato da Glen Ford e Vic Morrow.Poche centinaia di metri dividevano la sua abitazione in Vico Bagni dalla mia e questo mi dava l’occasione di incontrare quasi quotidianamente il dinoccolato, biondo, occhialuto, primo rock’n’roller della città, condividendo Jhonny Ray, Colin Hicks, Frankie Avalon, Fats Damino, Chuck Berry, Gene Vincent, Ricky Nelson, per poi sorprenderci estasiati all’ascolto del juke-box del “Bar Sport” in Piazza Duomo o, davanti a quella scatola magica del “Bar Fragnito” al Rione Libertà che rimandava la litania-scioglilingua “Tooty frooty o rooty” che aveva fatto conoscere al mondo intero Little Richard e a Benevento,Vittorio Campobasso.”Questa città mi va stretta!” da tempo.Da tempo ripeteva e partì senza salutarmi per l’Inghilterra, approdando a Londra per non farvi più ritorno.Tanti sono gli anni trascorsi da allora ma a raccontar queste vecchie storie musicali, si capisce che l’aspetto più interessante è quello culturale.Un’occasione da non perdere per quanti non c’erano e per me è soddisfacente rivivere le primissime emozioni e le atmosfere musicali che difficilmente si ripeteranno.”A – bap – bap – a loom – op – a – lap – bap – bom”.

ENRICO SALZANO

Omaggio a Vittorio Campobasso,
rock’n’roller nostrano

Questo articolo è stato oggetto di studio da parte della dott. M.C. che dopo l’approvazione da parte della chiarissima Professoressa Marilisa Merolla è stata inserito nella tesi, discussa presso l’Università “La Sapienza” di Roma, dal titolo “La Musica a Benevento nel periodo del secondo dopoguerra”

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