Dramma sportivo per Vincent Taua: \”Mi hanno sparato, ho preso il Daspo\”

Un campo di calcio come il selvaggio West, i giocatori come i cowboys che se le davano di santa ragione nei saloon. Qualcuno preme il grilletto della colt e poi arriva lo sceriffo per provare a mettere ordine. Scene da film alla John Wayne, scene, in realtà, di una storia tutta italiana. Molise, 27 febbraio scorso, una maxi rissa fuori dallo stadio di Montenero di Bisaccia (il paese di Antonio di Pietro in provincia di Campobasso) fa scattare il Daspo per tre giocatori dell’Isernia, squadra di Eccellenza. Il provvedimento, spesso associato agli ultras, colpisce anche Vincent Xatie Taua, 33 anni, da 10 in italia, attaccante nato in Nuova Caledonia. Tauà, che dovrà stare alla larga da qualsiasi impianto sportivo per 18 mesi, si sente al tempo stesso beffato e miracolato: sostiene di "non aver fatto del male a nessuno" e rischiato la vita per un colpo di pistola che lo ha sfiorato.
"Mi sento ingannato dalla giustizia – dice -. Io e i miei compagni volevamo fermare e segnalare alle forze dell’ordine un dirigente avversario. Lo stesso che al termine della partita aveva provocato disordini minacciando tutti noi con una mazza di legno. più grande di una da baseball".
E poi cosa è successo?
"La macchina si è fermata, io ero davanti a tutti. Mi sono avvicinato al finestrino e l’uomo ha estratto la pistola. Un colpo in aria per intimidazione? So solo che ho sentito a pochi centimetri da me il sibilo del colpo e ho capito che mi era andata molto bene".
Taua, sia sincero. Esclude nei confronti di quel dirigente gesti violenti suoi e degli altri presenti? Sa, uno di loro (Nicola Panico, ndr) è già al secondo Daspo…
"No, volevamo portarlo dai carabinieri. Loro tra l’altro erano a pochi passi da noi. Saremmo stati stupidi a farci beccare così durante una rissa. No?".
Cosa hanno fatto allora le forze dell’ordine?
"Il dirigente è stato rilasciato dopo pochi giorni, noi siamo stati identificati e puniti ingiustamente. I carabinieri però sono del posto, così a me è venuto spontaneo pensare che abbiano avuto un occhio di riguardo per lui. Mi creda, ho pianto solo due volte nella mia vita: quando è morto mio padre e venerdì scorso, giorno della prima firma in caserma".
Una stagione fa era a Teramo, rinunciò allo stipendio perché non segnava. Con questa storia, però, il buono è diventato cattivo…
"Il calcio è tutto per me, ho lasciato la mia terra per inseguire un sogno in Italia. L’ho fatto con il cuore e la passione, senza mai macchiare la carriera con gesti violenti. Quello che è successo a Teramo lo rifarei altre centro volte. Sono così e non è giusto che la mia immagine venga sporcata da qualcosa che non ho commesso. Per tutto questo presenterò ricorso".
Squadre di LegaPro la cercano. Con 18 mesi di stop, a 33 anni, la sua carriera è compromessa?
"Non lo so, non voglio pensarci. Prego Dio, la mia forza, per superare una situazione che non riesco a capire. Spero possa risolversi tutto al più presto. E ringrazio tutti quelli che mi hanno manifestato la loro solidarietà, anche attraverso internet. Commosso dai messaggi su Facebook. Chi mi ha scritto lo ha fatto per sostenere l’uomo e non il calciatore".

Da Sky.it

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