Caso prof.ssa Dell’Aria. “Atto finale!“ di Raffaele SALOMONE-MEGNA

Quanto è successo alla collega di  Palermo prof.ssa Rosa Maria Dell’Aria, a cui va la mia solidarietà di uomo libero e libero pensatore, oltre che di docente, è l’esito finale di un lungo percorso che si è avviato non con questo Governo e neanche con quello precedente, ma che trae origine dalla fine degli anni ‘90.

L’indignazione montante è giusta, anche se il momento pre-elettrorale lascia qualche dubbio sulla spontaneità della mobilitazione.

Perchè asserisco questo?

Memore  del “ felix qui potuit rerum cognoscere causas “ di virgiliana memoria, degli accadimenti non vanno valutati solo gli effetti finali ma, soprattutto, devono essere  sottoposti  ad attenta disamina le cause che li hanno prodotti.

La sospensione della docente sarebbe mai avvenuta nell’anno scolastico 1998?

Forse sì, forse no, ma in ogni caso sarebbe stata disposta da un organo terzo, non condizionato dalla politica, costituito da docenti che giudicano altri docenti e che era il C.N.P.I.

La vicenda che ha colpito la docente d’italiano prof.ssa Rosa Maria Dell’Aria, sospesa dall’insegnamento e quindi dallo stipendio per due settimane, a seguito di ispezione disposta dall’ufficio scolastico regionale di Palermo, a cagione della  diffusione di un lavoro effettuato dai suoi allievi della II E dell’istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, ci deve far porre questa domanda: come viene oggi tutelata la libertà d’insegnamento ex art. 33 della Carta Costituzionale?

Negli anni dell’autonomia, del preside manager, del contratto formativo con le  famiglie, del Pof, del Ptof,  solo pochi avveduti  si sono accorti che la libertà d’insegnamento viene  pesantemente conculcata.

Non dobbiamo andare troppo indietro nel tempo, ma sino al  1999  competente per le sanzioni disciplinari dei docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado era il già menzionato Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, organo costituito da docenti, individuati mediante consultazione nazionale, che avevano il compito di giudicare altri docenti, così come i magistrati hanno il Consiglio Superiore della Magistratura per giudicare altri magistrati.

Il C.N.P.I., istituito con DPR  416/74, fu depotenziato dal grande riformatore scolastico Luigi Berlinguer, che con il DPR 233/99 tolse al C.N.P.I. le competenze disciplinari.

Purtroppo, dopo di allora, la tutela della professione docente  continuò ad essere  sistematicamente erosa.

In questo “cupio dissolvi”, che ha accomunato i governi di centro sinistra  e di centro destra, si è arrivati alla situazione attuale.

Un docente può essere sospeso sino a dieci giorni dal dirigente scolastico, caso unico nella pubblica amministrazione!

In materia disciplinare, grazie ad un altro grande riformatore quale fu  il ministro Brunetta, politico di alta levatura, il dirigente scolastico ha le prerogative civilistiche dell’imprenditore privato e risponde del proprio     operato solo per dolo o colpa grave e quindi mai.

Dunque, non c’è un giudizio terzo, poiché inquirenti e giudicanti sono le stesse persone.

Per sanzioni di entità maggiore è competente esclusivamente l’ufficio scolastico regionale e la qual cosa non ci rende affatto tranquilli, soprattutto se  si realizzasse  l’autonomia differenziata, perché tale ufficio sarà  costituito da  dipendenti di nomina regionale.

Così viene uccisa una democrazia, un passettino alla volta, anche dichiarando che i docenti avevano degli inaccettabili privilegi, come disse illo tempore il ministro Fioroni, salvo poi verificare ex post, come  nel caso palermitano, che privilegi  non esistevano, ma c’era solo l’adeguata tutela della funzione docente come da diritto costituzionale.

E quanti oggi giustamente manifestano per esternare la propria solidarietà alla docente, cosa certamente dovuta ed opportuna,  furono allora molto distratti e non dissero nulla sulle modifiche che hanno consentito oggi ad oscuri burocrati presso gli uffici regionali del ministero, pur non essendo docenti, di intervenire su questioni afferenti  la libertà di insegnamento.

Concludo ricordando molto mestamente che, perfino durante il ventennio fascista l’aspetto disciplinare   dell’insegnamento  era affrontato in maniera molto più accorta.

Infatti, con l’avvento del regolamento di cui al R.D.L. n. 2163 del 21 novembre 1938, il consiglio di disciplina era integrato, per garantire la  terzietà del giudizio, con un magistrato dell’ordine giudiziario, di grado non inferiore al settimo, designato dal Presidente del Tribunale del capoluogo della provincia.

Cosa dire: è incredibile che la scuola-azienda in una società, che si dice democratica, abbia meno riguardo dello stato fascista nei confronti della funzione docente!

 

 

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